CONSIGLIO DI CONSULTAZIONE IN AMIA: PROVE TECNICHE DI COGESTIONE?

LETTERA APERTA

Verona, 4 Luglio 2012

 Incuriosito dal titolo “Amia, via al Consiglio di consultazione”, ho recentemente letto su L’Arena (giovedì 28 Giugno, pagina 11) un articolo su di una innovativa struttura con finalità di consultazione, vigilanza e controllo che dovrebbe insediarsi proprio in questi giorni all’interno dell’Azienda municipalizzata di igiene ambientale. Il Consiglio, in base a quanto riportato dal quotidiano cittadino, potrà «esprimere pareri su molteplici ambiti gestionali dell’amministrazione di Amia», si citano infatti «la relazione annuale programmatica, l’attività d’impresa, le ristrutturazioni aziendali». L’iniziativa, istituita tra Comune, Consiglio d’amministrazione, organizzazioni sindacali (Ugl, Cgil, Cisl e Uil) e lavoratori, presenta per noi il suo aspetto più interessante teoricamente (non avendo ancora elementi utili ad un giudizio più approfondito) nella possibilità di partecipazione e coinvolgimento dei lavoratori alla gestione aziendale.

Così presentato, il suddetto Consiglio, rimanda in senso lato ad un’altra proposta ed esperienza a noi particolarmente cara, quella della Socializzazione; Socializzazione che in estrema sintesi si compone di due parti: cointeressenza e cogestione. La prima prevede la partecipazione agli utili da parte di datori di lavoro e prestatori d’opera: attuare in sostanza una redistribuzione alla fonte del plusvalore generato dal Lavoro; di tale esperienza esistono variegati ed interessanti modelli in Europa e nel mondo. La seconda parte, la cogestione ha invece lo scopo dichiarato di riportare l’economia al servizio della Comunità, facendone una funzione della politica (intesa come governo della cosa pubblica) trascendente le contrapposizioni tra classi sociali. La cogestione è assai difficilmente applicabile (se si esclude la forma cooperativista) alle Pmi, trovando invece una strada di maggior percorribilità in aziende con almeno 200 dipendenti. Su questa strada il modello tedesco prevede per esempio 2 distinti organismi: un “Consiglio d’amministrazione” espressione degli azionisti ed un “Consiglio di sorveglianza” con ampi poteri di revisione, controllo e veto, espressione su base paritetica di Capitale e Lavoro, in cui il “Capo dell’impresa” vota solo in caso di parità. L’esercizio d’impresa si caratterizzerebbe a funzione pubblica, volta al perseguimento dell’interesse generale sotto la spinta dell’interesse privato.

Secondo la nostra concezione etica dello Stato, l’economia ha un ruolo strumentale che postula una sua precisa finalizzazione. L’inserimento quanto più diffuso dei lavoratori nelle dinamiche più intime della vita d’impresa, sarebbe per noi non tanto e non solo auspicabile, ma giusto e necessario.

L’orientamento verso un comune obbiettivo è alla base della sopravvivenza e in secondo luogo dello sviluppo dell’azienda stessa; non potrà sfuggire che la tanto dibattuta produttività ha un collegamento diretto con il tema della partecipazione, partecipazione che non può ridursi alla semplice rappresentatività interna ai nuclei aziendali delle sigle sindacali.

Seguiamo quindi con attenzione quanto annunciato in Amia, così come tutte quelle esperienze potenzialmente orientate alla tensione ideale che unisce nella realizzazione del bene comune, senza però ignorare che certe esperienze sociali, difficilmente possono assumere valenza realmente positiva al di fuori di una visione dello Stato tradizionale ed organica al cui centro sia visibile una autorità legittima, e di una concezione dell’Uomo Integrale con una visione spirituale della propria vita e non semplice meccanismo d’un processo produttivo e consumistico.

 Luca Zampini

Coordinatore provinciale

Progetto Nazionale Fiamma Futura

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