IMMIGRAZIONE: SIAMO COSÌ SICURI CHE SIA UNA RICCHEZZA?

Lettera aperta

A seguire il testo della lettera inviata dal nostro Coordinatore provinciale al quotidiano L’Arena sul tema dei costi dell’immigrazione e di un presunto saldo attivo sul versante economico.

Lo spunto lo hanno offerto due recenti lettere apparse nella rubrica “Lettere al Direttore”.

Buona lettura.

IMMIGRAZIONE: SIAMO COSÌ SICURI CHE SIA UNA RICCHEZZA?

 Scrivo dopo aver letto la lettera GLI STRANIERI IN SALDO ATTIVO a firma Renzo Fior, apparsa in questa rubrica nell’edizione di domenica 21 gennaio; lettera che fa il paio (nella sostanza) con quella a firma Carlo Melegari I FONDI PER L’ACCOGLIENZA (su L’Arena di venerdì 19 dicembre).

In ossequio al mantra l’immigrazione è una risorsa, il fenomeno avrebbe un saldo attivo in termini economici.

A sostegno della tesi si citano gli studi in materia “Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione” (Il Mulino, 2014) e “Dossier statistico immigrazione 2014”.

Premetto di non aver ancora letto il testo del Mulino, e relativamente al Dossier ho potuto consultare solo quanto reso disponibile sul sito di riferimento (http://www.dossierimmigrazione.it/).

Premetto altresì che, lungi da me il voler demonizzare o santificare la figura dell’immigrato, considero però il fenomeno immigrazione, nel suo complesso, una sconfitta per tutti.

Ciò premesso, mi permetto però di fare una considerazione che credo legittima alla luce del fatto che:

  • entrambi gli studi citati vengano prodotti in ambiti ai quali il fenomeno immigrazione dà “da lavorare”;
  • gli stessi Melegari e Fior, per i contenuti da loro espressi, potrebbero essere considerati “immigrazionisti” secondo la definizione che ne dà il politologo francese Pierre-André Taguieff e che ben ha delineato il giornalista americano Christopher Caldwell col suo “Reflections on the Revolution in Europe. Immigration, Islam, and the West” (Penguin, Londra 2009), secondo cui «L’immigrazionismo è la convinzione che l’immigrazione – più precisamente, l’afflusso di un numero d’immigrati extra-comunitari così alto da alterare in modo permanente la natura stessa della società e della cultura europea – per quanto possa generare problemi contingenti, sia nel lungo periodo un fenomeno eticamente e culturalmente buono ed economicamente vantaggioso per l’Europa.»;
  • scorrendo l’indice del “Dossier statistico immigrazione 2014” (http://www.dossierimmigrazione.it/catalogo/0.2%20Indice.pdf) non è possibile reperire direttamente voci (il che non esclude che alcuni aspetti vengano comunque trattati all’interno degli studi in questione) che si riferiscano direttamente ai costi dell’immigrazione in relazione: alla sanità, alla scuola, alle carceri e ai tribunali, alle operazioni Mare Nostrum-Triton, alle pensioni Inps, ai servizi sociali comunali, alle politiche abitative, alle prestazioni familiari, alle operazioni di polizia e vigilanza, ai fondi pubblici di cui beneficia tutto il sottobosco delle ONG che operano nel settore dell’accoglienza, ai dati della disoccupazione e dell’emigrazione dei cittadini italiani…e nemmeno alla sottrazione di fondi destinati ad altri utilizzi (per es. il Fondo di solidarietà vittime di mafia, estorsione e usura) o alle rimesse all’estero (in riferimento specialmente alla detassazione e al sommerso che non passa dai canali “presidiati” dalle statistiche ufficiali)…e si potrebbe continuare a lungo.

Mi sorge quindi spontaneo il dubbio che certe prese di posizione, suffragate da alcune statistiche, nell’analizzare il fenomeno immigrazione non siano organicamente oggettive, ma parziali e mirate ad avvalorare la tesi di fondo che l’immigrazione è una risorsa. Risorsa per chi, lo stanno delineando alcune recenti vicende romane…

È mia modesta convinzione che, anziché alimentare da posizioni immigrazioniste questo neoschiavismo a conduzione multinazionale (dove a differenza del passato sono spesso gli stessi immigrati ad offrirsi volontariamente e a cercare gli schiavisti), sarebbe più dignitoso, costruttivo e radicale (nel senso di andare alla radice del problema) rimettere in discussione tutto un sistema produttivo e mercantile che si nutre di logiche progressiste di sviluppo, ultraliberismo e utopie “marxiste”, un sistema che vuole zone economiche rigidamente differenziate e che determina dove si deva lavorare sottocosto e dove si deva vendere a sovrapprezzo.

Se non si affronterà questo nodo gordiano non si dimostrerà di aver genuinamente a cuore il problema, che è di tutti, immigrati e autoctoni.

Luca Zampini

(Verona, lunedì 22 dicembre 2014)

Lettere al Direttore_L'Arena

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