PROVINCIA: L’ENTE “ABOLITO” CHE A BREVE ANDRÀ AL VOTO

Art.1 L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La Sovranità appartiene al Popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Il 2 Giugno del 1946, il popolo Italiano votò e scelse la Repubblica come forma di governo, e proprio l’articolo 1 della Costituzione si proponeva di fissare in modo solenne la sovranità popolare.

Dopo 68 anni, l’unica riforma costituzionale coerente con la realtà dei fatti, sarebbe la totale eliminazione della seconda parte dell’Art.1: ormai nessuna sovranità appartiene più al Popolo Italiano.

Già…dopo l’eliminazione della sovranità monetaria, grazie alla quale lo Stato poteva battere moneta per conto proprio anziché indebitarsi con un soggetto privato che genera denaro dal nulla come la BCE, ora abbiamo mestamente e silenziosamente rinunciato come popolo anche al diritto di voto.

Sì, al DIRITTO DI VOTO!

Il cantastorie fiorentino (quello che si batteva per le modalità di voto delle Primarie nel PD…), tra un selfie e l’altro, ci ha venduto la storiella dell’ABOLIZIONE DELLE PROVINCIE…peccato che il prossimo 12 ottobre verranno nuovamente eletti i Consigli Provinciali delle Amministrazioni il cui mandato è scaduto.

Ma chi li vota? E chi si può candidare??

Con la Legge 56 del 7 Aprile 2014, la ormai famosa “Del Rio”, gli aventi diritto alla candidatura saranno esclusivamente Sindaci e Consiglieri Comunali in carica (non quelli il cui Comune risulti commissariato) e i Consiglieri provinciali uscenti. Anziché alla “sfilata” del Popolo degli elettori, domenica 12 Ottobre assisteremo quindi alla “sfilata” del “Popolo degli Eletti”. Al voto ci andranno gli stessi soggetti (ad eccezione dei consiglieri provinciali uscenti che non ricoprono la carica anche di Consiglieri comunali).

Con la stessa logica sembra si profili anche la riforma del Senato, anzi scusate, per dirla alla Renzi, «l’abolizione del Senato», i cui elettori saranno presidenti delle Regioni e Consiglieri Regionali e potranno candidarsi come Senatori sempre i medesimi che han diritto di voto.

In soldoni, anche i Senatori, simbolo della grandezza della nostra civiltà Italica (Senatvs PopvlvsQve Romanvs) NON VERRANNO VOTATI DAGLI ITALIANI.

In tempo di tagli trasversali sulla spesa Pubblica, se c’era un ente da abolire, da ridisegnare ex novo o da riformare sul serio erano probabilmente proprio le Regioni (per es. con l’allineamento tra Regioni “ordinarie” e Regioni a “statuto speciale” e con la conseguente perdita di privilegi da parte di quest’ultime, oppure accorpandole).

Con la falsa abolizione delle province si risparmia meno di una decima parte di quello che si sarebbe risparmiato con l’abolizione delle regioni, giusto per restare all’aspetto contabile.

Nate nel 1970, come frutto del consociativismo, con i voti in parlamento di Democristiani, Socialisti, Repubblicani, Socialdemocratici e Comunisti (oggi PD), le Regioni con gli anni sono diventate tanti piccoli parlamenti con un numero elevato di Consiglieri, con stipendi prossimi a quelli di Deputati e Senatori e, salvo rare eccezioni, anche i medesimi vitalizi. Enti gonfiati di competenze e soprattutto di soldi, che nella maggior parte dei casi hanno riproposto il peggio del centralismo in salsa regionale, svuotando oltretutto ruolo e senso dello Stato.

Le Province, enti più vicini al cittadino e, decisamente meno costose, anziché “castrarle” sarebbe stato opportuno potenziarle sia come ruolo che come competenze; si sarebbe potuto rivederne l’assetto territoriale come eco-sistemi urbani (come propone da tempo la Società Geografica Italiana), nell’ottica di una geografia economica che guardi al sistema insediativo, all’apparato produttivo, alla connessione dei sistemi economici, alle reti infrastrutturali, di mobilità e di comunicazione, all’omogeneità e al grado di interazione territoriale…mantenendo comunque un Presidente e un Consiglio Provinciale espressione del VOTO popolare e non di accordi di partito, sempre più spesso paradossali e di pessimo gusto (altro che “geometria variabile”…).

Come sempre accade in Italia, quando si vuol “cambiare” si rimane incagliati nei bassifondi del compromesso e dell’inconcludenza, in un grigiore mascherato di “riformismo” e “responsabilità”.

Nella riforma dei sistemi territoriali a pagarne il prezzo più salato è stato forse l’ente intermedio che meno lo meritava…

Complimenti quindi a Renzi, perché nonostante l’ennesimo scippo della Sovranità, è riuscito a cloroformizzare gli avversari di fuori e di dentro; neppure l’ombra dei vari “guardiani della Costituzione” con letture in pubblica piazza, niente stracci rossi sventolati a migliaia nelle cortei della sinistra “irriducibile”, nessuna mummia dei salotti buoni resuscitata dal sarcofago per l’occasione…tutti troppo impegnati nel “salvarci” l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori?

Tutti così impegnati da dimenticare l’esito del Referendum del 2003 proprio in su questa materia, quando, grazie al mancato quorum si stabilì che di toccare l’Articolo 18 non se ne parlava proprio…ma evidentemente il buon Renzi è anche riuscito a cancellare retroattivamente la sovranità!

Ad ogni occasione si parla di maggior partecipazione alla vita politica, di rappresentanza della volontà popolare, di colmare lo iato tra politica e cittadini, etc. e poi ci ritroviamo a fare i conti con queste bizzarrie da “sistema democratico”…

Matteo Tinelli

Progetto Nazionale – Verona

Circolo “Baldo-Garda”

Provinciali 2014

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