CASO SILVIA ROMANO: LA “VITTORIA” DI CHI?

La vicenda della liberazione della ventiquattrenne Silvia Romano, considerata una vittoria dal nostro Governo – altrimenti fosse avrebbero evitato tanto clamore mediatico – dev’essere letta come un ulteriore passo falso da attribuire ai nostri attuali governanti.

Parlare di passo falso è, forse, un eufemismo, in quanto la parola più consona sotto il profilo governativo sarebbe quella di sconfitta, sotto vari aspetti, quello economico e mediatico in primis.

Se vogliamo dare uno sguardo al passato, vediamo come l’Italia abbia già pagato altri riscatti: per il rilascio di Greta Marzullo e Vanessa Ramelli in Siria, passando per quello di Simona Torretta e Simona Pari in Iraq, arrivando a quello di Giuliana Sgrena sempre in Iraq, giusto per citarne alcuni.

Detto questo non deve passare per normale tale pratica, in particolare se andassimo a vedere singolarmente quali furono gli episodi che portarono a tale esborso da parte del nostro Governo.

La questione, oggi, è ancor più grave e pesante se la leghiamo all’attuale stato di emergenza dovuto al Covid-19 e alle scelte del premier Conte, che stanno sacrificando l’economia italiana e mettendo in ginocchio buona parte delle attività imprenditoriali, ancora in attesa di riaprire e di percepire qualche aiuto economico da parte di questo governo confuso ed inadeguato. Aiuto economico che tarda ad essere elargito in soccorso di piccole e medie attività, ma che non manca per finanziare il rilascio della Romano, e che non troppo di riflesso va a rimpinguare le casse dei terroristi di matrice sunnita di Al-Shabaab.

Se anche volessimo mettere da parte questo fattore, credessimo nelle fate, pensassimo che l’Italia abbia disponibilità infinite o che il nostro Paese si accodi all’uso comune di molti altri Stati di pagare, in dollari o con lo scambio di prigionieri (non per ultimi gli Stati Uniti), la liberazione della giovane Silvia ha visto palesarsi un ulteriore clamoroso passo falso, quello mediatico.

Il portare in trionfo, davanti alle telecamere dei giornalisti, la “lauta scarcerazione”, non fa che dar man forte ulteriore ad Al-Qaeda (di cui gli Al-Shabaab sono la costola nel Corno d’Africa) e alla sua capacità di sfruttare la rete mediatica per fare propaganda.

Siamo sicuri che non c’era bisogno di sponsorizzare tutto ciò con foto e servizi sui telegiornali.

A meno che lo scopo di tanta spettacolarizzazione non fosse quello di un’operazione (temporanea) di distrazione di massa dalle rogne nazionali del governo, oppure di un messaggio in codice per garantire (ancora) l’incolumità del territorio italiano – luogo di solo passaggio – dalle carneficine jihadiste che hanno insanguinato l’Europa.

Senza dilungarsi troppo e diventare tediosi, ricordiamo che la cooperante faceva parte della Onlus “Africa Milele”, una delle numerosissime sigle della galassia delle Organizzazioni Non Governative. Viene da chiedersi se questa ONG disponga di standard adeguati per poter operare nei comunque complessi e difficili scenari africani (la zona dove venne rapita la Romano non è tra le più problematiche in ordine al concetto di “sicurezza” che si può usare per l’Africa…), e se formi adeguatamente i propri associati, senza mandarli allo sbaraglio. Dobbiamo pagare sempre noi la mancanza di regole e controlli sull’operato di certe sigle?

Intanto la memoria dei 147 studenti cristiani di nazionalità keniota, massacrati pochi anni fa nel campus universitario di Garissa – tanto per citare una delle stragi nel copioso “palmarès” criminale di Al-Shabaab, che può vantare una “inezia” di circa 4mila vittime civili – ringrazia sentitamente…per tacere poi del fallito attentato ad un convoglio di tre veicoli (blindati VTLM del tipo Iveco Lince) dei nostri militari della missione European Union Training Mission-Somalia il 30 settembre 2019, sulla strada Jaale-Siyaad nei sobborghi di Mogadiscio.

.Chissà che col riscatto milionario Al-Shabaab, tra bombe e piombo, non riesca a mietere altre vittime, magari ancora tra quegli stessi kenioti che Silvia Romano voleva aiutare.

Johnny Torresani

 

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