25 APRILE: LA FESTA DI ALCUNI ITALIANI

La ricorrenza della “festività” civile del 25 Aprile mi offre l’occasione per alcune considerazioni; considerazioni semplici, da uomo della strada che si interessa di storia e si appassiona di politica; considerazioni che non hanno, e non possono avere, la pretesa d’essere esaustive; considerazioni stimolate anche dal palpabile disinteresse della gente comune rispetto ad una “festa” che nell’ufficialità si vorrebbe, o meglio, si pretenderebbe essere momento unificante e di giubilo “di tutti gli italiani”.

Negli ultimi decenni si è registrato in Italia un interesse crescente verso le vicende dell’ultimo conflitto mondiale in generale, e verso il fenomeno fascista in particolare. Grazie all’opera di ricerca controcorrente, coraggiosa, incessante, metodica e documentata di studiosi come Giorgio Pisanò, Antonio Serena, Marco Pirina, Ernesto Zucconi, Pietro Cappellari ed altri volonterosi, sta emergendo un quadro storico che ci parla di verità spesso diffusamente conosciute, ma sempre o quasi taciute, di mistificazioni, di negazioni, di parzialità dogmatiche e assolute (che nell’ambito della ricerca, di qualunque ricerca, compresa quella storica, non avrebbero motivo d’essere), che restituisce un minimo di giustizia e di dignità a uomini ed eventi della nostra più recente storia patria: Foibe con relativo Esodo, Guerra Civile e stragi del Triangolo della Morte (o Triangolo Rosso) emiliano, tanto per citare degli esempi tra i più eclatanti. Un quadro storico tutt’ora volutamente ed ostinatamente negato in ambito istituzionale e dalla cosiddetta storiografia ufficiale; nonostante ciò, la volgata storiografica comincia a mostrare timidamente le prime piccole crepe, che lentamente si allargano man mano che passano gli anni, su uomini ed eventi relegati per decreto nella “parte sbagliata”, quella del “male assoluto”.

Sulla scorta degli studi dei ricercatori sopra citati (tenuti ovviamente nell’ombra, nell’angolo dei cattivi), e di altri, nonché di protagonisti dell’epoca, alcuni scrittori di maggior fama, ben inseriti nei circuiti commerciali, hanno potuto non senza indiscusse capacità professionali, dare alle stampe sul tema testi di grande successo, che hanno venduto e continuano a vendere copiosamente: mi riferisco a Gianpaolo Pansa in primis, ma anche ad Arrigo Petacco. Il primo ha indagato aspetti più generali, il secondo aspetti più particolari, del periodo Fascista e dell’immediato dopoguerra. Le opere di questi due autori – non certo ascrivibili al novero degli scrittori della “parte sbagliata” – scritte senza eccessi faziosi e senza l’obbligo di dimostrare tesi precostituite, testimoniano che in Italia siamo ben lungi dall’aver raggiunto una accettabile coscienza e consapevolezza del nostro passato storico, nella sua interezza (150esimo dell’unificazione d’Italia docet), senza paraocchi e verità di comodo (basti pensare alle roventi polemiche del campo antifascista che hanno accompagnato l’uscita di alcuni libri).

E qui torniamo al 25 Aprile “festa di tutti gli italiani”, data coincidente con una presunta liberazione, apogeo della libertà e della democrazia, conculcate ovviamente dal Fascismo.

Ma proprio questa data, contrariamente a quanto si vorrebbe far credere, divide – verrebbe da dire irrimediabilmente – la comunità nazionale, perché segna l’inizio d’una carneficina, fatta di orrendi massacri e stragi ad opera dei vinti sui vincitori, che colpirono non solo gli italiani di fede fascista. Il 25 Aprile (e il periodo successivo) è sinonimo di spaventevole caccia all’uomo, un esercizio tutt’altro che pericoloso , fatto dai cento e dai mille contro l’uno, un tiro a segno con tanto di sputi e oltraggio ai cadaveri. Quale grande civiltà potrebbe essere nata in quel clima di abiezione di una parte del popolo italiano? È anche solo lontanamente concepibile la pacificazione e la concordia basate su questi presupposti? Tra l’altro andrebbe ricordato che fu proprio durante l’esperienza della Repubblica Sociale Italiana che venne lanciato l’appello ad una pacificazione nazionale di contrasto alla logica della guerra civile ispirata dall’allora Partito Comunista! Così come andrebbe ricordato che, proprio per questo motivo, i partigiani comunisti colpirono miratamente i fascisti moderati, quelli più disponibili al dialogo.

E di quale “liberazione” o “vittoria” ci si potrebbe poi mai fregiare, quando questa infausta data segna il ritorno – apparentemente irreversibile – dell’Italia sotto il tallone straniero, con la perdita sempre più marcata della sovranità, ieri a scapito di potenze extra-europee, oggi di poteri finanziari transnazionali?

Il 25 Aprile (così come l’8 Settembre) è in realtà una data triste per la storia d’Italia, che proprio non si concilia con giubilo e festeggiamento. L’Italia in tal senso rappresenta un unicum davvero poco invidiabile al mondo: celebra una sconfitta, festeggia una guerra civile, si compiace del proprio vergognoso status coloniale!

 Per questo il 25 non posso che onorare coloro che caddero sotto il sole di Aprile, solamente perché colpevoli di “essere stati” taluni, e di “essere presunti” altri, deponendo un fiore sulle tombe della “parte sbagliata”, nel rispetto comunque di chi cadde anche sul campo avverso.

Luca Zampini

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