RAPSODIA PER IL VENETO

“Il coraggio di cambiare” sarebbe lo slogan elettorale della deputata del PD Alessandra Moretti, l’avvocatessa vicentina candidata alle elezioni regionali per diventare “sindaco del Veneto”, come lei stessa ha definito il ruolo di governatore della regione. Lo slogan ora appare modificato in “Per cambiare il Veneto”. Il coraggio è stato tolto forse perché farina del sacco della candidata sindaco a Malo in provincia di Vicenza, la quale se l’era presa e non poco.

Intanto l’ex sindaco di Firenze, nonché patron della Moretti e nostro attuale presidente del consiglio Matteo Renzi, ha visitato i cantieri dell’Expo lo scorso 16 marzo, pervaso da un tripudio di gioia e speranza, lanciando svariate frasi ad effetto per allietare gli addetti ai lavori.

«Un saluto agli operai che sono l’anima e il cuore di questo cantiere», e poi «l’intero settore delle infrastrutture in l’Italia deve ripartire con più determinazione e segnali di ripresa ci sono già. Sono fiducioso e ottimista» e ancora «il traguardo delle riforme è vicino? Sì lo è come quello dell’Expo», per terminare con «venderemo dieci milioni di biglietti» all inclusive e non perdetevi i balli di gruppo!

Il coraggio sembra non mancare nelle parole di Renzi, sostenuto spesso da una sorta di infantile spregiudicatezza. È sul cambiare che Renzi e la sua compagine presentano delle difficoltà.

Nonostante gli operai siano il cuore di questo o quell’altro cantiere d’Italia, l’Istat ci dice che il tasso di disoccupazione giovanile (considerata nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni) sale al 42,6% a febbraio. Un dato preoccupante che smentisce gli annunci quotidiani di ripresa che Renzi elargisce generosamente, ignorando le statistiche ufficiali.

Mentre si ostenta il coraggio di cambiare, cambiano i dati relativi all’occupazione femminile. L’Istat sottolinea, infatti, che gli occupati di sesso maschile sono “sostanzialmente stabili” mentre quelli di sesso femminile diminuiscono in un mese di 42 mila unità. E il tasso di disoccupazione per le donne cresce al 14,1%. Certo Renzi ha dato molto spazio alle donne nella sua squadra ma il fatto che la botticelliana Boschi stia danzando senza fine con le riforme, come la Primavera del famoso quadro e che Alessandra Moretti voglia, con un battito di ciglia, mandare a gambe all’aria Alberto da Giussano, non nasconde il problema che, dati alla mano, è reale e preoccupante.

Preoccupante è anche il tema della sicurezza che il PD tenta in tutti i modi di fare suo ma suo non può essere, in quanto dal 2 aprile è partita la rivoluzione nel sistema giudiziario italiano voluta dal governo Renzi per i reati “minori”.

In pratica i giudici possono bollare reati ritenuti minori con la “tenuità del fatto” ed evitare che si finisca in aula di tribunale. Il pericolo è che nel calderone dei reati depenalizzati finiscano reati che invece necessitano di una pena perché la tenuità del fatto si applica a discrezione del magistrato e della sua sensibilità personale, di conseguenza mancano criteri oggettivi e quindi tutto va a sfavore di quell’importante ma quasi utopico concetto qual’è quello della certezza della pena.

Ma per Renzi va tutto bene perché all’Expo venderà dieci milioni di biglietti. Un milione sono già stati acquistati in Cina.

Peraltro la Cina e cinesi stanno acquistando anche mezza Italia ma questo non sembra essere tra le priorità di Renzi che per l’occasione questa volta si farà ritrarre dall’Economist con un involtino primavera in bocca.

Per citare Filippi de Il Giornale «(…) Un po’ di Fiat, un pizzico di Telecom, una fettina di Eni ed Enel, la banca centrale del colosso asiatico sta entrando nelle maggiori società di casa nostra, pronta a moltiplicare gli investimenti se dovesse crescere la fame di liquidità della nostra economia, o nel caso in cui i prezzi degli asset si facciano ancora più convenienti. Secondo il Financial Times, nel 2014 l’Italia è stato l’obiettivo principale dello shopping cinese in Europa.»

Insomma, la crisi incalzante del nostro Paese non poteva passare inosservata per troppo tempo ed ecco che Ren Jianxin partito dalla campagna e dai detergenti chimici per caldaie e diventato miliardario esperto nel rastrellare aziende in crisi o decotte in giro per il mondo, entra nel ristretto novero di imprenditori e finanzieri comunisti che stanno facendo la fortuna dei grandi marchi italiani, acquistati a suon di miliardi di euro. È lui infatti colui che ha acquisito la storica Pirelli.

Abbiamo poi Zhou Xiaochouan che ha fatto fortuna con software per simulare la liberalizzazione dei prezzi e che dal 2002 è governatore della People’s Bank of China. Siede nei consigli d’amministrazione di Eni, Enel, Generali, Fca, Mediobanca, Saipem e Telecom. Libero lo definisce così «Il gotha del capitalismo pubblico e privato italiano. Nel 2014 ha fatto salire tutte le partecipazioni oltre il 2%, rendendole di fatto “ufficiali” e visibili. In qualche modo, è stato questo il segnale ai connazionali: l’Italia può e deve diventare terreno di conquista per i figli e nipoti di Mao.»

Tan Xuguang è un grande appassionato di nautica, almeno a giudicare dall’acquisto nel 2012 del 75% del Gruppo Ferretti, colosso nel settore degli yacht di lusso.

La moda è uno dei fiori all’occhiello del made in Italy ed è quindi chiaro che con la crisi economica sia scattata la corsa ad accaparrarsi qualche marchio storico. Zhu Chong Yun, stilista con oltre 400 boutique del suo marchio ha acquistato da Mariuccia Mandelli Krizia e conta un patrimonio da 510 milioni di dollari.

C’è poi Wang Jianlin, che ha acquistato Infront, l’advisor che gestisce i diritti tv del calcio italiano. Ha già acquistato il 20% dell’Atletico Madrid. Nelle ultime settimane si è parlato spesso di un suo interessamento concreto per il Milan, attraverso il gruppo Wanda.

Ma non si tratta soltanto di cinesi ricchi che comprano note aziende storiche, la conquista dell’economia italiana parte anche dal basso.

Se, con l’acqua alla gola per le sempre più crescenti tasse e cartelle di Equitalia che piovono sulla vostra botteguccia o bene immobile, li avete messi in vendita ma nessuno li vuole, non disperate ma collegatevi a www.cinesichecomprano.com, un comodo sito dove potrete trovare dei cinesi che comprano. Si tratta di cinesi in Cina che spesso non conoscono la nostra lingua.

L’italiano non deve far altro che inserire un annuncio, l’annuncio verrà tradotto in cinese e con soli 42 euro per l’inserzione il gioco è fatto.

Sul sito viene spiegato chiaramente quanto segue:

PERCHE UN IMPRENDITORE CINESE COMPRA LA TUA ATTIVITÀ?

  1. -C’è grande fermento e interesse per le nostre aziende tra l’imprenditoria Cinese
  2. -Hanno grande disponibilità di DENARO! Perché? Semplice, quando un imprenditore Cinese ha una nuova idea c’è una grande solidarietà, ed altri imprenditori o familiari lo aiuteranno economicamente per iniziare!
  3. -Hanno contatti e fornitori in qualsiasi ambito, avendo la possibilità di rilanciare qualsiasi tipo di attività!

PERCHÈ UN CINESE PUÒ ESSERE INTERESSATO AL TUO IMMOBILE?

  • -Molto semplicemente perché hanno grande disponibilità di CONTANTI e sono interessati ai nostri immobili commerciali, abitativi e di lusso. Perché non concludere velocemente se tu vuoi vendere e loro vogliono comprare?
  • Viene ribadito più volte il fatto che i cinesi hanno grande disponibilità di contanti ed è quindi inevitabile trarre certe conclusioni. Soprattutto per chi si trova in grandi difficoltà.

Che cosa dice il nostro Renzi in merito a tutto ciò? Nulla.

Anche nel Veneto i cinesi hanno investito e da uno studio di Unioncamere sembra che nel 2014 le aziende a gestione cinese fossero ben 25. In Veneto i capitali cinesi investono soprattutto in aziende molto radicate che offrono una forte qualità del prodotto e comunque già ben posizionate sul mercato.

Insomma gli investimenti industriali cinesi in Veneto ci sono e sono in aumento. Alcuni nomi? Haier Appliances Italia che produce frigoriferi combinati per la grande distribuzione (ricavi per oltre 20 milioni di euro), Dualplast che stampa etichette per grandi nomi quali Benetton, Diesel e OVS e che ha ricavi per 9 milioni di euro o la Star Automation Europe che fa riferimento alla Star Seiki Co Ltd, una multinazionale leader nel settore della produzione di robot e automazioni per il processo di stampaggio.

Quello che veramente disorienta non è neppure l’impreparazione da parte di questo governo targato PD ad affrontare un problema di questo genere, è piuttosto l’assoluto disinteresse verso questi fenomeni di portata nazionale che non sembrano preoccupare minimamente, quando non sono visti come la soluzione ineluttabile ai disastri di una crisi economica che sembra ingovernabile. La domanda è: quali garanzie può offrire un candidato PD al governo della regione, per un progetto che salvaguardi e rilanci l’economia veneta, tartassata dalla crisi economica e da una costante abnorme pressione fiscale ingiustificata per una regione tra le più virtuose d’Italia?

La politica economica di un governo che fino ad ora ha mostrato di ignorare la necessità di regole che preservino e sostengano la nostra economia può essere in grado di esprimere un candidato che tali regole promuova efficacemente a livello regionale? Parliamo di un candidato che non si limiti a sparare banalità su sicurezza e corruzione nei talk show ma che sappia qualcosa di economia reale e peculiarità del territorio e della gente del Veneto. Per quel che riguarda il versante PD la risposta è chiaramente negativa.

Un candidato va sicuramente cercato sul territorio e per il territorio, e a questo proposito sono obbligatorie alcune riflessioni.

Se guardiamo alle priorità del Veneto, Zaia non può onestamente presentarsi come garante credibile degli interessi della nostra regione, sostenuto da una Lega che ha mostrato pervicacemente di avere il suo centro di potere in Lombardia e che si allea con un partito come Forza Italia, verso il quale – e verso il suo leader – in data 16 luglio 2012 Matteo Salvini si era espresso molto duramente («Nessun leghista è disposto a puntare ancora su un’alleanza con Berlusconi. No a possibili assi tra Carroccio e Cavaliere. La nostra gente non ne vuole sapere di un ritorno in campo di Silvio Berlusconi. Basta, basta per sempre: se Berlusconi corre, lo farà senza di noi. La Lega ha avuto la forza e il coraggio di fare un passo avanti e attuare un bel ricambio generazionale. Altri sono fermi a Berlusconi e a Bersani che hanno fatto il loro tempo. Sono sicuro che non c’è un solo elettore e un solo militante della Lega disposto a riscommettere su un’alleanza con Berlusconi. Ci abbiamo provato e ci ha portato solo risultati deludenti.» Va bene che in politica oggi tre anni sono un’era geologica, anche per la memoria degli italiani, però…).

Non bastano e non devono bastare alleanze dettate da esigenze puramente elettorali, servono un programma semplice e uomini che offrano garanzie concrete per applicarlo, al di là degli slogan da social network e dell’aria fritta da salotto televisivo. Si deve tornare a rimettere al centro la persona, il territorio, la buona politica nel rispetto, nella tutela e nel rilancio economico delle vocazioni e delle specificità venete.

Si tratta insomma di non farsi comperare anche l’anima dall’invasione del contante cinese e la via è quella di sostenere e valorizzare con competenza e attenzione le eccellenze del territorio, magari evitando pasticci amministrativi come quello in cui è incappata la produzione del Prosecco Doc, portata dalla riforma voluta da Zaia (quand’era ministro dell’Agricoltura) al di fuori della sua culla inimitabile di Valdobbiadene e Conegliano per naufragare poi in imprecisioni e pressapochismo amministrativi con grave danno economico per i produttori (http://tribunatreviso.gelocal.it/treviso/cronaca/2015/02/27/news/prosecco-il-pasticcio-delle-aree-perdite-per-milioni-1.10946394).

Pasticci del tipo potranno essere evitati se veramente si terrà presente quello che è il genius loci che vive da sempre nell’animo Veneto e che ha sempre fatto di questa regione la locomotiva d’Italia, come la definiscono in molti. Questo è possibile soltanto se si scelgono valori, progetti e persone il più possibile ancorate al territorio e a saldi principi. Perché così abbiamo sempre fatto e così “SIAMO ABITUATI A FARE”.

Emma Stepan

Vendere ai cinesi

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