Ci mancava un Ministro della Integrazione (nuovo ulteriore centro di costi, a proposito di caste e spending rewiev…) e per giunta negra (giusto per spostare strumentalmente gli scontri dialettici su direttrici fuorvianti…).
Il dibattito politico si focalizzerà, così, lontano dalla sostanza del problema, con il solito copione razzismo-antirazzismo, tolleranza-intolleranza, e via depistando.
A rimettere il confronto (e lo scontro) sui giusti binari, al di là di mistificazioni, errate interpretazioni, insidiosissime trappole, e altri possibili deragliamenti, contribuisce questo lucido e sensato scritto di Gabriele Adinolfi, che noi puntualmente vi proponiamo.
Potreste non trovarvi d’accordo, ma almeno rifletteteci su qualche minutino…oggettivamente.
In fondo il Presidente della Camera Laura Boldrini, ha la pelle bianca, ma il suo operare e i suoi intendimenti non sembrano meno insidiosi per l’identità di quelli di un Ministro (strumentalizzato) dalla pelle nera.
Buona lettura.
Luca Zampini
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Quella sola dello Ius Soli
(scritto da Gabriele Adinolfi; venerdì 03 maggio 2013)
Morfologia e finalità di un’immensa mistificazione
Per familiarizzarci con lo Ius Soli convocarono all’improvviso vari stranieri nella nazionale di calcio. Poiché erano bianchi e non se ne accorgeva nessuno (anche l’occhio vuole la sua parte), ricorsero all’escamotage d’inventare il testimonial Balotelli.
E mentre la nostra (multi)nazionale otteneva qualche vittoria all’Europeo, prima di subire la più avvilente mortificazione mai impartita in una finale di calcio, i politici, Fini come Bersani, esaltando proprio Balotelli, annunciarono che avrebbero richiesto il cambio del “codice” di nazionalità (neanche si trattasse di una carta di credito).
Menzogne e confusione
A giustificazione di questo cambio di codice di nazionalità sono state evocate una serie di menzogne e si è fatta volontariamente una grande confusione.
Ci sono venuti infatti a raccontare che questa modifica giuridica servirebbe a garantire i diritti degli immigrati e a permettere a chi nasce in Italia di essere italiano.
In realtà con l’attuale Ius Sanguinis i diritti degli immigrati non sono negati affatto, anzi la casistica insegna che, specie nell’ambito sanitario, sono addirittura maggiori, tanto che quando la Romania entrò a far parte della UE (ottenendo quindi la parità dei suoi cittadini rispetto ai nostri) molti romeni iniziarono a fingersi albanesi.
Agli immigrati residenti, come diritto, di fatto manca solo quello di votare alle amministrative.
Qualunque cosa si pensi in merito, è opportuno ricordare che in altri Paesi i residenti stranieri hanno diritto al voto alle amministrative senza con ciò doversi “naturalizzare”.
E c’è di più: nell’Italia imperiale che, anche per questo, emise le leggi razziali, i libici ottennero diritto di cittadinanza. Un dato che si tende a dimenticare, chissà perché. Ma di fatto erano cittadini.
C’è dunque una bella differenza tra cittadinanza e nazionalità.
Gli agitatori professionisti però fingono di non saperlo e ci confondono appositamente le idee.
In quanto poi al fatto che chi nasca oggi in Italia non possa divenire italiano è falso.
Lo è perché se almeno un genitore è italiano anche il figlio lo è (ad esempio è il caso di El Sharawi).
E lo è perché, se risiede qui, a diciotto anni un nato in Italia può acquisire la nazionalità.Dunque di cosa parliamo?
Solo di balle e di trappole psicologiche e dialettiche.
Il cambiamento
Cosa cambierà una volta approvato lo Ius Soli?
Ovvero il diritto automatico e immediato di chi nasce in Italia da genitori stranieri di diventare italiano.
1. chiunque voglia venire a vivere in Europa verrà a partorire qui
2. per ragioni umanitarie si passerà al ricongiungimento familiare
da cui procederanno:
a) una popolazione alogena di almeno quattro volte superiore a quella nell’ordinamento vigente
b) l’internazionalizzazione dei ceti produttivi e potenzialmente rivoluzionari.
Per avere un’idea di cosa ci attende si pensi che la Francia, che è lassista quanto altri mai in termini di “integrazione”, ha abbandonato lo Ius Sanguinis ma non ha ancora osato formalizzare lo Ius Soli.
E intenderemmo farlo noi!
Chi e come
Chi lo vuole questo Ius Soli?
Gli internazionalisti, i parassiti, chi si ribella al concetto stesso di nazione e, prima ancora, alla forma ordinatrice e poi i traffichini del disagio umano che si riempiono tasche, stomaci e conti in banca con denaro pubblico.
Alla loro testa si trovano quelli che per ideologia o fede religiosa sono cosmopoliti e nemici delle identità. E guidano l’azione dalle Istituzioni.
Infatti lo Ius Soli lo richiede ad alta voce il comunista più amato d’America, il Presidente Napolitano, in ottima compagnia con la pasionaria mondialista Boldrini.
E in quegli ambiti di potere sono tutt’altro che soli.
Non avevano alcun bisogno di ricorrere ad una ministro di origine congolese, che è stata fortemente voluta, al punto d’inserire al governo un pesce fuor d’acqua che un elemento di distinzione dai suoi colleghi oggettivamente ce l’ha e non è il colore della pelle. A differenza loro nella vita ha lavorato.
Persino una lavoratrice sono riusciti a mettere nell’esecutivo! Il motivo doveva essere potente.
L’hanno scelta, esattamente come si ricorse a Balotelli, esclusivamente per polarizzare lo scontro su temi razziali e per giocare così sul senso di colpa indotto e sull’agitazione collettiva che si susciterà per alimentarlo: un’intossicazione che proprio la Boldrini evoca sia nei toni, sia nei termini, fino a parlare di “esecrazione” e a invocare eccitata la “giusta” repressione nei confronti di chi si opporrà all’operato della collega.
Insomma la ministro d’origine straniera e di pelle scura è stata scelta come un ologramma-simbolo per indurci a spostare del tutto le motivazioni del dibattito e per renderlo di fatto impossibile, in quanto scomposto, viziato da pregiudizi e indirizzato in ogni caso in un cul de sac.
Di cosa parliamo veramente
Buttando tutto in vacca probabilmente riusciranno a imporre questo cambio di “codice” di nazionalità.
Perché chi se la sente, anche se pensa il contrario (e spesso succede proprio tra chi dice l’opposto), di esporsi passando per razzista, offensivo, arido di cuore?
Chi se la sente, anche se pensa il contrario (e spesso succede proprio tra chi non lo dice), di negare i diritti dei lavoratori, il diritto alla salute, il diritto ai bambini nati in Italia di diventare italiani?
Dei pericolosi trinariciuti, assimilabili a pedofili, saranno i soli a dire di no e, per distinguersi da loro, tutti quelli che pensano no diranno sì.
Ma sì a che cosa?
Visto che i diritti negati non sono negati per niente e che chi nasce in Italia già oggi può scegliere di essere italiano, di che stiamo parlando?
Di due cose soltanto.
1. Della distruzione di una nazione che si trasformerà in un coacervo di plebi americanizzate senza riferimenti precisi né la possibilità di far leva su di un perno memoriale e culturale preciso.
Ovvero del compimento di un processo sterminazionista nel nome dell’internazionalismo.
2. Di razzismo puro.
Perché, visto che da straniero si può esser residente e si hanno altrettanti se non più diritti degli italiani, perché mai un immigrato dovrebbe “diventare” italiano?
Perché, nel profondo dell’inconscio, proprio quelli che ci vengono a impartire lezioni di umanità, di morale, di convivenza, mantengono il loro fastidioso e classista senso di superiorità che ben s’accompagna alla loro intolleranza ideologica.
Essi infatti stimano che “diventare” italiano per un congolese, un senegalese, un marocchino, un cingalese, significa essere accettati in un consesso più emancipato, più evoluto.
E’ questa la mentalità inconfessata con cui le nostre élites cosmopolite stanno giocando agli apprendisti stregoni, difesi da una nebulosa di menzogna, condizionamenti, psicosi e disinformazione.
Morale della favola
Lo scontro è quindi lì.
Non tra la Cécile Kyenge e il Ku Klux Klan: quella è mistificazione scenica.
Lo scontro è tra le minoranze devastatrici e sprezzanti, che usano terminologia e fraseologia assai buonista per mascherare a stento la loro puzza sotto il naso e la loro alterigia, e la gente, il popolo; la posta è il comune avvenire.
Come non pensare ad un’immagine emblematica, a un aneddoto che oltre vent’anni fa ebbe come protagonista Jean-Marie Le Pen?
Il fondatore e capo del Front National fu a lungo identificato in stereotipi confezionati dai suoi nemici. Si omise di rilevare che fu il primo difensore degli harkis (gli algerini fedeli alla Francia) al punto di essere stato il primo uomo politico francese a portare un deputato di origine araba in Parlamento.
Si è sempre finto d’ignorare come abbia appoggiato cause del Terzo Mondo contro l’imperialismo americano. Si è fatto di lui, che era l’unico politico a considerarli esseri umani e non forza-lavoro, il trinariciuto che non riusciva ad accettare gli immigrati, questa grande risorsa che, se non regolamentata ma lasciata libera, avrebbe americanizzato la Francia in un allegro melting pot.
Perché l’El Dorado di tutti questi “integrazionisti” è sempre e solo un’immensa New York.
Mentre si trovava in tournée politica proprio in USA, Le Pen, non appena sceso dall’aereo, venne interpellato da una giornalista arrogante, sprezzante, incolta, imbecille, intollerante, presuntuosa e saccente, proprio come tutti quelli che ci stanno oggi impartendo lezioni.
Del resto sono perfettamente intercambiabili questi profeti del verbo buonista, probabilmente li clonano.
“Come ci si sente Monsieur Le Pen nel calcare il suolo di una nazione fatta da soli immigrati?” chiese gracchiante la pubblica ministero.
“Ma lei sa con chi sta parlando, signorina? Io sono Sitting Bull, l’ultimo dei Sioux”.
Fonte: Noreporter