Quella che segue è la recensione di uno scritto magistrale di Antonio Pantano, probabilmente il miglior indagatore e conoscitore – non solo italiano – dell’anima e dello stile della scrittura di Ezra Pound, oltre che della sua storia personale e delle sue opere. Un viaggio, questo, nello speciale ed autentico rapporto d’amore tra l’inarrivabile poeta dei Cantos e la città di Verona, quale luogo sacro d’ispirazione e frequentazione.
Abbiamo scelto di inserire questa “recensione”, oltre che nello spazio culturkampf del nostro sito (dedicato appunto ai libri), anche nella pagina diario di bordo; a suscitare infatti l’interesse per la riedizione del libro edito da Giovanni Perez con le sue Edizioni della VitaNova, è stata la presentazione, a cui abbiamo avuto il piacere di assistere, avvenuta venerdì 24 giugno presso l’affascinante Palazzo da Lisca Cavalli, in Piazza Isolo, alla presenza sia dell’autore che dell’editore.
VERONA: “AMORE SACRO NELL’OPERA DI EZRA POUND”
Recensione del libro scritto da Antonio Pantano.
“Perchè Verona? Verona è forse la più bella città del nord Italia. La chiesa di San Zeno è perfezione ultima. Ergo Verona.”
L’amore di Ezra Pound per Verona si concretizza in un’intuizione, che durante o dopo la lettura del libro sentiamo di condividere, in quanto attinente alla vita di tutti i giorni, nel momento in cui ci fermiamo e semplicemente contempliamo piccoli spezzoni del nostro quotidiano.
A Verona, quasi come una sorta di verità pronta per l’uso, nascosta dietro l’indifferenza di quel turismo di massa che confluisce nella città scaligera dai tempi poundiani ad oggi e vaga fotografando qua e là ignaro di tutto, Pound trova quell’ “anello che non tiene” che gli ha permesso di staccarsi da quel cieco conformismo, per lasciare che si aprisse davanti a lui un piccolo concetto, un tenue solletico alla mente, chiave di accesso e fondamenta di una delle teorie economiche più forti e riconosciute mai elaborate da Pound: la denuncia dello scandalo storico dell’usura, cardine su cui si basa il pensiero etico- economico di Pound.
Di qui Verona diventa sua, una sorta di musa ispiratrice che spesso comparirà citata nelle sue opere e “cardine del genius loci poundiano”, come la definisce Pantano.
Pantano ci parla di Ezra Pound attraverso i luoghi più significativi per il poeta durante il suo soggiorno veronese tra il 1898 e il 1929, la Biblioteca Capitolare, il Ristorante Dodici Apostoli e la Basilica di San Zeno, esprimendo emotivamente come questi luoghi suscitassero nella mente di Pound pensieri e riflessioni profonde e decisive.
La Biblioteca Capitolare è il luogo dove Pound studia le opere di Guido Cavalcanti che, insieme a Dante è il fulcro per elaborare il suo concetto di poesia.
La poesia per Pound non è un mero rimeggiare, ci ricorda Pantano, ma , partendo appunto dai concetti della poesia classica, che ha in Dante e Cavalcanti i suoi maggiori esponenti, elaborare il tutto.
Un vero poeta per Pound deve conoscere la storia e, soprattutto, la storia dell’economia, perché i rapporti umani sono inclusi nell’economia e l’economia non è altro che “il buon governo della casa”. Se manca questa conoscenza, per Pound è inutile fare il rimatore. È proprio a Verona che Pound inventa il criterio moderno della poesia: analisi della storia nei secoli, finalizzata a trarre delle conclusioni di natura poetica.
Per esprimere al meglio la musicalità delle sue poesie, ricorse ad una modalità di scrittura singolare e propria solo delle sue composizioni, come appare nel seguente canto ispirato a Confucio:
In “La Primavera e Autunno”
non
ci
sono
guerre
giuste.
Scrittura sempre rigorosamente rispettata anche nelle citazioni dal libro di Pantano.
Insomma per Pound il poeta è un uomo che si deve interessare a tutto, anche al sociale ed è da questa sua convinzione che alla fine del ’24 espresse fiducia verso il legittimo governo mussoliniano, constatando in prima persona la mutazione radicale e rivoluzionaria avvenuta rispetto all’Italia del primo e secondo decennio del secolo da lui così stigmatizzata: “ove tutto era in vendita, tutto si poteva noleggiare, persino i membri del governo”, senza però mai essere dichiaratamente fascista. Fu grazie a questa erronea attribuzione che alla figura e all’opera di Ezra Pound, per un lungo periodo, fu imposto un vero e proprio apartheid morale e dottrinario. Sicuramente Pound, poeta razionale e di elevatissima qualità morale, colse nelle realizzazioni generali ed in particolare nelle riforme profondamente spirituali in campo sociale introdotte in Italia dal fascismo, elementi innovativi e di assoluta validità.
L’apartheid morale e dottrinario imposto a Pound “in quanto fascista”, fu infranto in campo alto accademico e dottrinario da Giacinto Auriti che, come racconta puntualmente Pantano, nel periodo in cui ebbe la cattedra di Teoria Generale del Dirittto all’Università “Gabriele D’Annunzio” di Pescara, tenne un corso sui problemi dell’usura internazionale e planetaria e sulla speculazione monetaria, inserendo nelle sue lezioni svariati concetti poundiani , uno tra questi: “…Dire che uno stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri.”
“ADAMINUS/ DE SCO/ GEORG/ IO.ME/ FECI/T.”
È il 1911, e Pound , visitando la cripta di San Zeno, scopre un autografo inciso sul capitello di una colonna.
Di qui l’intuizione che gli permise di elaborare considerazioni economiche fondamentali.
Dal momento che uno scalpellino del Medioevo firma un capitello, vuol dire che l’artigiano aveva un valore e che la fattura artigianale surclassa la produzione in serie, oppressa da opportunismo economico e monetario. L’artigiano dunque non è soggetto alle regole del mercato “liberale” imposte dagli usurai. Da quest’intuizione veronese di Pound, nasce la denuncia dello scandalo storico dell’usura, che confluisce nei Cantos, un’opera poetica dove i riferimenti a Verona sono numerosissimi e dove Pound evidenzia a pieno la sua idea di poesia imprescindibile dall’economia e possiamo definire i Cantos un vero e proprio trattato di economia.
Pantano riporta il Canto XLV:
“Lo scalpellino è privato della pietra,
il tessitore del telaio
CON USURA”
e cita le considerazioni che seguirono dalle osservazioni delle colonne in San Zeno.
In un clima di “usurocrazia” (termine poundiano), si sarebbe lesinato sul materiale necessario per scolpirle e di conseguenza “con usura”, l’artista sarebbe stato privato del suo estro.
La colonna avrebbe mantenuto la sua funzione ma, “con usura”, sarebbe mancata l’originalità e la qualità dell’opera.
E Verona ritorna anche con un bellissimo e altrettanto forte riferimento ad Ezzelino da Romano “che non credè che il mondo fu creato da un ebreo. Se d’altro scatto io non fossi reo, poco t’importa ora”, come viene riportato nell’opera di Manlio Torquato Dazzi Ecerinis.
Ezzelino, signore di Verona e ghibellino, sposatosi con Selvaggia, figlia di Federico II, proprio a San Zeno, rappresenta, secondo la dotta analisi di Pantano, l’antagonista al partito della “Calunnia Guelfa”, rappresentato dal vertice usuraio di un Borgia, Sisto IV, che Pound, grazie all‘Ecerinis di Dazzi, chiama “Figlio d’usuraio”.
Il Ristorante 12 Apostoli è lo scenario nel quale si svolgono le serate con Manlio Torquato Dazzi, l’amico poeta che contribuì alle ricerche sul Cavalcanti, che portarono Pound alla Biblioteca Capitolare di Verona e Pantano ci racconta che lasciò dei foglietti autografati, ritrovati nel 1922, proprio all’interno dell’opera “Canzoni, Ballate e Sonetti” di Cavalcanti.
Proprio Dazzi, il 30 settembre 1929, inviterà Pound per un tè a casa del direttore editoriale di Mondadori, Vittorio Enzo Alfieri, presentandolo ai commensali come “una specie di Marinetti americano”.
In quest’occasione, Pound incontra anche il filosofo Benedetto Croce, che avverso alla politica del Fascismo e segnato anch’egli dalla negativa peculiarità di buona parte dei critici e dei cattedratici italiani, intrisi di preconcetta ignoranza verso le avanguardie culturali, lo ignorerà in quanto ritenuto vicino al fascismo, senza però trovare stima alcuna da parte di Pound che lo definirà “(…) un nemico della letteratura italiana (senza volerlo), sviando l’attenzione in questioni irrilevanti o almeno collaterali”.
Di data posteriore (1945), ma con moltissimi riferimenti a Verona, sono i Pisan Cantos, che Pound scrisse in un campo di concentramento americano appena fuori Pisa, chiuso in una gabbia esposta alle intemperie, in quanto considerato un nemico del regime statunitense e quindi un nemico della “democrazia”.
Nei Pisan Cantos, Pound coglie il totale disfacimento dei valori morali e di quell’umanesimo che fu, come ci dice Pantano, “cardine della cultura per cinquecento anni.”
Dallo scempio dei corpi di Ben e Clara avvenuto a Milano, alla distruzione irreversibile dell’Europa vista come un’enorme tragedia che pende sulle “spalle ricurve del contadino”.
Qui Pantano sottolinea lo scetticismo quasi provvidenziale di Pound su una possibile ricostruzione dell’Europa in un’età di pace, in quanto troppo avulsa dalla oppressione della volgarità del denaro.
Torna Verona, musa della sua denuncia all’usura, nel Canto LXXIV:
“…San Zeno le
colonne firmate dal loro artefice
gli affreschi di San Pietro e la Madonna in Ortolo
e “fa di claritate l’aer tremare”
come nel manoscritto della Capitolare
Trattoria degli Apostoli (dodici)”
Canto di denuncia dei “danni creati dal costo del denaro determinato dagli usurai e dalla sovranità loro ceduta da politicanti disonesti e servili” come spiega Pantano.
E il canto prosegue:
“ogni banca di sconto è infamia radicale
derubando il pubblico per lucro individuale privato”
e poi:
“lo stato necessita non chiedere prestiti”
Verona città poundiana ingiustamente ricordata solo per l’evento giudiziario che si concluse con la tragica fucilazione di “personaggi politici che furono responsabili nel rango storico di potere vissuto” è invece la culla, come sottolinea Pantano, dei 18 punti programmatici della Repubblica Sociale Italiana.
Per quanto riguarda il punto sul Diritto alla proprietà, come riferisce Pantano, Ezra Pound enuncia che è proprio diritto “alla” e non “della” proprietà, in opposizione a quanto sostenuto nei secoli dalle confessioni religiose.
Il contributo di riconoscimento, se non di gratitudine, da parte di Verona verso il grande poeta e filosofo appare all’Autore del libro del tutto insufficiente e, a questo proposito, cita le numerose lapidi dedicate a Shakespeare, che mai visitò la città, pur rendendola immortale nei suoi poemi e la completa indifferenza verso un Cultore della storia e della poesia della città che visitò, conobbe e visse profondamente.
“Uomini siate, non distruttori”
La frase che conclude i Cantos è secondo Pantano un riecheggiare la directio voluntatis dantesca, intesa come rettitudine, che Dante stesso verificò nella figura di Cangrande ed Ezra Pound in quella di Sigismondo Pandolfo Malatesta e Benito Mussolini.
La tesi sostenuta da Pantano è alla fine racchiusa in una pagina del suo avvincente libro. Bastano queste righe a svelare ed esaltare la figura di Pound, così come lo scrittore l’ha voluta interpretare e delineare: “un fascista senza tessera” ideatore di una “ nuova utopia di vita collettiva. Nel rifiuto del capitalismo-usura-americano e del comunismo-materialismo- sovietico.”
Il fascismo di Pound è romanità ed eticità.
I poeti nel tempo nel quale visse Pound hanno frammenti di luce “ma Pound è la continuità”.
“Pound è il Virgilio che ci accompagna nel viaggio. Gli altri sono personaggi che incontriamo”.
Emma