Ognuno è libero di festeggiare quel che meglio crede e ciò che ritiene in linea con le proprie idee e la propria visione del mondo, ma noi, che ci sentiamo irriducibilmente patrioti – patrioti italiani d’Europa – non possiamo provare gioia, motivo di vanto e spunto per festeggiare a fronte di questa data che la vulgata resistenziale vuole carica di valenze simboliche positive ma che in realtà non lo sono.
Il 25 d’aprile 1945 rappresenta una data infausta, che sancì l’asservimento italiano agli interessi extraeuropei, il ritorno della Mafia a fianco delle baionette statunitensi, la vittoria di potenze straniere che sul nostro suolo piantarono le loro bandiere (loro fu la vittoria, non delle minoranze partigiane fattesi poi d’incanto “fenomeno di massa” a giochi fatti), il simbolo dell’egemonia culturale comunista, una lunga catena di stragi di inermi, di innocenti, di sconfitti che ancora oggi gridano vendetta…
Non ci troviamo davvero alcunché da festeggiare, preferiamo ricordare, nel rispetto dei morti, di tutti i morti.
Il 25 aprile non può essere una data di concordia e di pacificazione, ma è una ricorrenza di parte. Non è un caso che, nonostante gli sforzi dell’apparato culturale e la retorica istituzionale, buona parte degli italiani manifesti distacco e scarso interesse.
Nessun popolo al mondo celebra la propria sconfitta.