Lettera Aperta
Nell’edizione odierna (venerdì 22 aprile) del quotidiano locale L’Arena, a pag.13 attira la mia attenzione un articolo a firma Marco Cerpelloni (“Il «ponte» della Liberazione tra ricordi e corse”); l’argomento dell’articolo è il programma delle celebrazioni per la giornata del 25 aprile.
Nello specifico, l’estensore dell’articolo da ampio spazio ad una iniziativa che ricorda l’impresa dello svuotamento, il 25 aprile ’45, della polveriera sita nella frazione di Avesa che i tedeschi avrebbero dovuto far saltare prima di abbandonare Verona. Protagonista principale della vicenda il menzionato Don Giuseppe Graziani che guidò e coordinò centinaia di concittadini nello svolgimento dell’impresa, che con molta larghezza d’interpretazione viene inserita nelle vicende scaligere della Resistenza e della cosiddetta Liberazione.
Si omette, forse per “distrazione”, che il Don Giuseppe Graziani in questione, di resistente antifascista aveva davvero nulla, essendo l’eroico prete proprio il Don Giuseppe Graziani già Volontario nella Guerra d’Etiopia in veste di Cappellano Militare, poi, dopo le vicende dell’8 settembre ’43, Cappellano della Xª Flottiglia MAS (nel Battaglione “Barbarigo”, di cui benedì la bandiera di guerra); trascorsi alcuni mesi di fronte, dove si prodiga nell’assistenza spirituale ai combattenti della Repubblica Sociale Italiana, ammalatosi, rientra a Verona dove, comandato dall’Ordinariato Militare (col grado di Capitano) diviene Cappellano della XXI Brigata Nera.
Curioso il fatto dell’omissione che la sua positiva intercessione, presso il Platzkommandatur tedesco di Verona, la ottiene proprio in virtù del rispetto riconosciuto alla sua figura e al ruolo esercitato nel campo “repubblichino”, con buona pace degli antifascisti. Questo “dettaglio” permetterà a lui a agli avesani di svuotare la polveriera ed evitare ben più gravi conseguenze per il territorio e la cittadinanza.
Per amor patrio, della propria gente e della città, Don Graziani compì una memorabile impresa – che merita d’esser ricordata senza omissioni – mentre molti ponti di Verona furono fatti brillare da pochi militari tedeschi in ritirata, senza che contro di loro venisse esploso alcun colpo d’arma da fuoco partigiano.
Ma forse questo, per far “riscoprire la Resistenza” agli studenti delle scuole veronesi, non s’ha da dire; meglio la narrazione di una Resistenza spesso ex post…ne va probabilmente dell’egemonia culturale, come scriveva molti anni fa il giornalista antifascista Renato Mieli.
Luca Zampini
Coordinatore provinciale – Progetto Nazionale
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Per meglio inquadrarne la figura, ecco un profilo di Don Giuseppe Graziani, pubblicato sul periodico ACTA – 87 (ANNO XXIX – N. 2, MAGGIO-LUGLIO 2015), pubblicato dall’Istituto Storico della R.S.I. (30 anni di attività), che a sua volta riprende uno scritto tratto da LA PATRIA degli Italiani.
Erano in gamba e ognuno ha trovato la sua strada
RICORDA I SUOI “RAGAZZI” IL CAPPELLANO DEL BARBARIGO
Don Giuseppe Graziani nasce a Bardolino il 2 maggio 1901 e muore a Rovereto il 12 aprile 1992. Sacerdote nel 1924, diviene Curato della Parrocchia di Avesa, Frazione a Nord di Verona. Nel 1935 è Volontario nella guerra d’Etiopia come Cappellano della Compagnia Reparti Celeri in Somalia che trasportando 4 Battaglioni indigeni e agli ordini del Generale Rodolfo Graziani concorre alla vittoria contro le bande di Ras Destà a Neghelli, il 30 gennaio 1936. Rimpatria nel 1937 per malaria ed è Cappellano effettivo al Comando dell’Aeronautica di Palermo. Nel 1938 passa al Comando della Marina di La Spezia. dove lo sorprende l’8 settembre 1943. Dopo due mesi è Cappellano della X Flottiglia MAS. E’ con il Battaglione Barbarigo e ne diviene un simbolo quando il 19 febbraio 1944 riceve a La Spezia la Bandiera di Combattimento. Per 3 mesi è in prima linea a sostenere i suoi Marò e il 24 maggio segue il Reparto nella ritirata. Giunto a Roma, per incarico dei Parroci delle zone più vicine al fronte e sfollati con la popolazione sui monti oltre la piana di Littoria, si presenta in Vaticano. Richiede un urgente invio di viveri. Scavalcando personalità in attesa e con l’uniforme sporca di fango è introdotto da Pio XII, un Papa sofferente per le sciagure della guerra che incombono anche su Roma, ma che mostra interesse per l’assistenza spirituale prodigata dai Cappellani della RSI. Un treno carico di provviste per gli sfollati pontini proveniente dall’Emilia è fermo perché mitragliato. Viene dato l’ordine di ripetere il trasporto. Ammalatosi, lascia La Spezia per Verona dove, comandato dall’Ordinariato Militare che aveva a Verona la Sezione Nord e promosso Capitano, diviene Cappellano della XXI Brigata Nera. Ottiene dal Platzkommandatur 1009 di Verona il consenso a far disperdere nella vallata, dalla popolazione ed entro le 6 dell’indomani, il tritolo della polveriera di Avesa. Quando nella ritirata fuori e dentro la caverna le casse verranno incendiate l’esplosione non causerà danni. Dopo inevitabili 15 giorni di fortezza dell’Ordinariato, è segregato per 7 mesi in convento. Assolto dalla CsA di Verona, riprende servizio al 9. CAR di Bari. A seguito di caduta, nel 1949 ha il congedo. Trova ospitalità presso la Diocesi di Rovereto ed insegna in una Scuola finché può.
Fonte scaricabile all’indirizzo:
http://fondazionersi.org/mediawiki/index.php?title=ACTA_Anno_XXIX
Non è la prima volta che i cultori della Resistenza (…elettrica), confondono i fili che concernono personaggi e fatti di un certo periodo storico. Sono famosi per i loro coctail storici, dove l’ignoranza spesso prevasle perfino sulla loro mala fede. Benisssimo, ha fatto, quindi, Luca Zampini a rimettere le cose a posto, dimostrando inoltre che la cultura e la storia sono rispettate su un altro versante político: quello dei progetti nazionali alternativi.