Martedì scorso, il coordinatore provinciale di Progetto Nazionale aveva scritto una lettera a L’Arena in risposta ad uno scritto a firma Giorgio Gabanizza (S.E.L.), pubblicato nello stesso giorno a pag. 25 del quotidiano veronese, nella rubrica “Lettere al Direttore” (vedi immagine a pié di articolo).
L’articolo dell’esponente veronese di Sinistra Ecologia e Libertà, al di là della sigla politica d’appartenenza, sembrava emblematico di una certa “difesa d’ufficio” che più che chiarificatrice della vicenda risulta essere mistificatoria, che più che rispondere alla “disinformazione sul «Gender»”, ignora o seleziona le informazioni. Un estintore accessorio caricato a tranquillante per spegnere i tizzoni di una “invenzione mediatica” come lui la definisce.
Non avendo avuto riscontro dal quotidiano, abbiamo deciso di pubblicarne qui il contenuto, in forma più corposa e circostanziata, come articolo per il nostro sito.
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Gender: una ideologia che “non esiste”
Premetto che non mi ritengo affatto “bigotto”, “sessuofobo”, uno che ha problemi di gestione della sua sessualità e nemmeno un “terrorista culturale”, un “imbranato” o un “cialtrone”, come alcuni hanno definito coloro che si interrogano e cercano di capire se esista una volontà pubblica e politica di instillare la teoria del “gender” negli scolari, e chi condivide la preoccupazione dei genitori allarmati di ciò che verrà insegnato loro a scuola.
Dubbi e preoccupazioni che mi sorgerebbero spontaneamente anche qual’ora la riforma scolastica “La Buona Scuola” fosse targata Destra, Centrodestra, o altro.
Premetto altresì di non far parte di quella schiera di cattolici di varia sfumarura elencati dal Gabanizza; constato invece, interessandomi da tempo all’argomento, che (mi spiace per il Gabanizza) critiche e denunce forti, diffuse e argomentate verso il gender provengono anche da ambiti marxisti, laici, mussulmani, pagani, etc. in quanto trattasi di battaglia di civiltà non ascrivibile ad un campo ideologico/teologico monocolore. Non potrebbe essere altrimenti per chi riconosce e ama le differenze e combatte l’omologazione.
Detto ciò, mi piacerebbe sottoscrivere l’affermazione del rappresentante veronese di Sinistra Ecologia e Libertà: «Ebbene, la teoria Gender non esiste o, meglio, esiste solo nella testa di chi la costruisce ad arte per creare una caccia alle streghe nel tentativo di spaventare le persone e di manipolarle paventando un complotto (…)».
Se così fosse, e ne sarei confortato e felice, vorrebbe dire che è sol frutto delle mie ossessioni ed insicurezze, l’essermi sognato:
- che in Svezia l’Enciclopedia Nazionale ha introdotto il pronome neutro “hen”, e nello stesso Paese, sono stati approvati per legge 170 nomi unisex;
- che sempre in Svezia il giardino dell’infanzia Egalia di Stoccolma, diretto da Rotta Rajalin, ha deciso di sopprimere l’uso dei sessi e dei generi, i nomi maschili e femminili, i pronomi personali “lui” o “lei” per la trentina di piccoli ospiti di età compresa tra 1 e 6 anni;
- che nel 2009 una coppia svedese finì al centro delle polemiche per aver dichiarato al quotidiano Svenska Dagbladet il loro rifiuto di assegnare un sesso al loro bambino chiamato Pop. «Vogliamo che Pop cresca in libertà, senza lo stampo di un genere specifico. Mettere al mondo un bambino con un timbro blu o rosa sulla fronte è una cosa crudele. Finché il genere di Pop resterà neutro, non si lascerà influenzare dal modo in cui le persone trattano i ragazzi o le ragazze»;
- che in Francia nel settembre del 2012, al congresso del partito socialista, un intervento a firma della federazione del partito del Rodano-Alpi, intitolato “Le donne sono uomini come gli altri”, ha proposto un “approccio universalista” al femminismo auspicando che “la decostruzione delle rappresentazioni sessuate” sia insegnata “nella scuola pubblica repubblicana, fin dalla più tenera età”; lo stesso testo precisa che ormai non si deve più parlare di “diritti delle donne” bensì di diritto “all’emancipazione degli individui”;
- che proprio in linea con lo spirito di cui sopra, sempre in Francia nel dicembre 2012, in un Rapporto sulla parità tra ragazzi e ragazze nelle strutture d’accoglienza per la prima infanzia, redatto da Brigitte Gresy e Philippe Georges per conto dell’Ispettorato Generale degli Affari Sociali, si raccomandava l’impegno della scuola “sin dalla più tenera età” nella “lotta contro gli stereotipi di genere” e nella decostruzione della “differenziazione sessuata” e dell’ “ideologia della complementarietà” tra i sessi;
- che ancora in Francia nel febbraio 2013, di fronte alla Commissione Affari Culturali dell’Assemblea Nazionale, Julie Sommaruga, deputato socialista del dipartimento degli Hauts-de-Seine, giustificava in questi termini un emendamento al progetto di Legge sull’Orientamento Scolastico, di cui essa stessa era l’autrice: «l’educazione alla parità di genere» deve essere la missione della scuola elementare a partire dall’età di 6 anni, «al fine di sostituire alle categorie come il sesso o le differenze tra i sessi, che fanno riferimento alla biologia, il concetto di genere, che dimostra al contrario che le differenze tra uomini e donne non si fondano sulla natura, ma sono costruite storicamente e riprodotte socialmente»;
- che Caroline de Haas, portavoce dell’Associazione “Osez le féminisme!” fino a luglio 2011 e poi membro del Gabinetto di Najat Vallaud-Belkacem, ministro dei Diritti delle Donne, ha scritto su Le Monde: «La teoria del genere, così come l’omogenitorialità, rimette in discussione questa rappresentazione ancestrale delle donne e degli uomini che assegna loro un’essenza propria, la quale comporterebbe delle caratteristiche specifiche e soprattutto complementari (…) La decostruzione dei ruoli sociali attribuiti a ciascuno dei sessi è fondamentale per la costruzione di una società veramente paritaria». L’articolo terminava poi con queste parole: «Da millenni a questa parte, la differenziazione permanente tra il maschile e il femminile, tra gli uomini e le donne, è stata sempre funzionale all’oppressione di queste ultime. Non si tratta di negare le differenze tra gli esseri, ma se diventiamo indifferenti alle differenze, faremo un grande passo verso l’uguaglianza»;
- che la senatrice Valeria Fedeli, interrogata sulla presenza del gender nel decreto sulla “Buona Scuola” durante la trasmissione “Un Giorno da Pecora”, su Radio2, alla domanda: «Valeria ma è vero che vorresti introdurre l’Educazione di Genere nelle Scuole e nelle Università?», ha risposto: «C’è già nella Buona scuola, per fortuna»;
- che è successo che un bambino decidesse la sua identità di genere, diversa dal suo sesso, a soli 5 anni, e che la mamma gli abbia donato i suoi ormoni femminili, filmando l’atto del “regalo” e dichiarando: «Sapevo di renderla felice, regalandole la dose». In merito all’episodio, l’Huffington Post ha commentato: “Un punto di svolta nella vita di Corey. Un inizio per avere la vita che ha sempre voluto. Senza vergogna. Vai Corey!”;
- che in Inghilterra si registra un vertiginoso aumento di bambini transgender. E infatti il Mirror e il Guardian ne hanno parlato;
- che c’è una sentenza della Corte di Cassazione che ha stabilito che non serve aver fatto l’intervento chirurgico agli organi sessuali per chiedere il cambio di sesso all’anagrafe. C’è una sentenza che ha parlato di “desiderio di realizzare la coincidenza tra soma e psiche”;
- che l’Unar, “Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale”, un ufficio del Dipartimento delle Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha redatto delle “Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT” in cui a pagina 7 si può leggere che l’identità di genere è “il senso intimo, profondo e soggettivo di appartenenza alle categorie sociali e culturali di uomo e donna, ovvero ciò che permette a un individuo di dire: ‘Io sono un uomo, io sono una donna’, indipendentemente dal sesso anatomico di nascita”;
- che è esistito un dottor John Money, e sono pure esistiti i gemelli Bruce e Brian Reimer. Uno dei due bambini è stato educato come una bambina, su consiglio del suddetto luminare, e ha finito poi la sua devastata esistenza suicidandosi;
- che Monique Wittig, nota teorica femminista, saggista, poetessa e docente universitaria francese prima e americana poi, “lesbica radicale” come lei stessa si definì, ha dichiarato, con la massima serietà, che dobbiamo «distruggere politicamente le categorie di uomo e donna», poiché tali categorie sono intrinsecamente «normative alienanti (…) Non vi è sesso se non nei termini di quello oppresso e di quello oppressore, poiché è l’oppressione che crea il sesso e non l’inverso (…) Questo significa che non possiamo più pensarci come donne e uomini; e che questi, come classi e come categorie di pensiero o di linguaggio, devono sparire politicamente, economicamente, ideologicamente»;
- che nel 1990 Judith Butler tratteggiò in forma canonica in un libro che conoscerà un successo quasi mondiale la teoria del gender con illuminanti argomentazioni del tipo: «Il genere è una costruzione culturale; di conseguenza non è né il risultato causale del sesso, né tanto apparentemente fisso come il sesso (…) Teorizzando che il genere è una costruzione radicalmente indipendente dal sesso, il genere stesso viene ad essere un artificio libero da vincoli; di conseguenza, uomo e maschile potranno essere riferiti sia a un corpo femminile, sia a uno maschile; donna e femminile, sia a un corpo maschile, sia a uno femminile». La differenza non precede la «costruzione sociale». Si deve quindi lottare contro l’idea «che la differenza sessuale sia una differenza primaria»;
- che la Federazione italiana sessuologia scientifica e l’Oms hanno redatto gli “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa”, in cui, a pagina 38, si può leggere che a scuola, nella fascia di età che va da 0 a 4 anni, occorre “trasmettere informazioni su gioia e piacere nel toccare il proprio corpo, masturbazione infantile precoce”, e che nella stessa fascia d’età occorre mettere i bambini in grado di “esprimere i propri bisogni, desideri e limiti, ad esempio nel ‘gioco del dottore’”;
- che l’autorevole Dizionario Inglese di Oxford ha lanciato la nuova categoria sessuologica dei “cisgender”, ovvero coloro che si sentono a proprio agio con il sesso e il genere che gli sono stati attribuiti alla nascita. C’è stata, quindi, l’esigenza di definire le persone normali con una apposita categoria sociologica, come se fosse una scelta equivalente a infinite altre;
- che Elton John è “papà di due bambini, avuti dal marito”. Per la televisione di Stato italiana, quindi, è possibile che due uomini abbiano biologicamente dei bambini;
- che sul sito di MicroMega è stata lanciata una campagna contro un blogger del medesimo sito colpevole di aver pubblicato sul suo profilo una tutina rosa della sua figlia femmina e di aver quindi peccato contro la “gender neutrality”;
- che esistono elenchi purtroppo sempre più nutriti ed aggiornati che monitorano i progetti applicati nelle scuole italiane ispirati al genderismo (a titolo esemplificativo vedasi http://www.notizieprovita.it/wp-content/uploads/2015/06/Speciale_Dossier_Progetti_Gender_Scuola_ProVita.pdf).
Avendo dormito il “sonno della ragione” – giusto per darmi un tono politicamente corretto – questo elenco di aneddoti ed episodi sconclusionati – “NON accaduti” – li ho tratti proprio sognando di leggere articoli e libri (che se esistessero veramente sarebbe ovviamente il caso di bruciarli), parto quindi attribuibile alle mie psicopatologie.
Per questo, lo confesso, provo una certa invidia per la sicumera del sig. Gabanizza. È la stessa palesata dal Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini e dagli apparati della Sinistra, tutti curiosamente impegnati, a suon di minacce, scomuniche e offese, a negare l’esistenza di una ideologia che qui da noi, per fortuna, “non c’è!”.
O forse no?
Luca Zampini
Coordinatore provinciale – Progetto Nazionale Verona