L’immigrazione è un problema grave e complesso, approcciarlo evengelizzandola o demonizzandola a priori è in ogni caso sbagliato.
Il buon senso e non l’ideologizzazione sarebbe il metodo più indicato, non è facile.
Ma più che a qualche frangia fanatica di “razzisti”, il buon senso, l’equità e la lucidità sembrano mancare proprio a chi, per il ruolo istituzionale che occupa, dovrebbe esserne maggiormente dotato.
Basta leggere ed ascoltare le esternazioni, le prese di posizione e i propositi che si susseguono dai pulpiti governativi.
È equo, è responsabile, è sensato alimentare quotidianamente la fabbrica di sogni che trasforma i viaggi degli immigrati in viaggi sempre più dell’improntitudine che della speranza?
Ma torniamo appunto alla lucidità e al buon senso con i seguenti articoli di Gabriele Adinolfi e Giovanni Sartori.
Meno buonismo e più buon senso!
Buona lettura.
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L’ITALIA NON È UNA NAZIONE METICCIA
Ecco perché lo Ius Soli non funziona
Il governo Monti era un po’ raccogliticcio, ma forse per la fretta e anche perché Monti non apparteneva al giro dei nostri politici e di molti di loro sapeva poco. Ma Letta i nostri politici li conosce, è del mestiere; eppure ha messo insieme un governo Brancaleone da primato. Grosso modo, metà dei suoi ministri e sottosegretari sono fuori posto, sono chiamati ad occuparsi di cose che non sanno. Al momento mi occuperò solo di un caso che mi sembra di particolare importanza, il caso della Ministra «nera» Kyenge Kashetu nominata Ministro per l’Integrazione. Nata in Congo, si è laureata in Italia in medicina e si è specializzata in oculistica. Cosa ne sa di «integrazione», di ius soli e correlativamente di ius sanguini ?
Dubito molto che abbia letto il mio libro Pluralismo, Multiculturalismo e Estranei, e anche un mio recente editoriale su questo giornale nel quale proponevo per gli immigrati con le carte in ordine una residenza permanente trasmissibile ai figli. Era una proposta di buonsenso, ma forse per questo ignorata da tutti. Il buonsenso non fa notizia.
Sia come sia, la nostra oculista ha sentenziato che siamo tutti meticci, e che il nostro Paese deve passare dal principio dello ius sanguinis (chi è figlio di italiani è italiano) al principio dello ius soli (chi nasce in Italia diventa italiano). Di regola, in passato lo ius soli si applicava al Nuovo Mondo e comunque ai Paesi sottopopolati che avevano bisogno di nuovi cittadini, mentre lo ius sanguinis valeva per le popolazioni stanziali che da secoli popolano determinati territori. Oggi questa regola è stata violata in parecchi Paesi dal terzomondismo imperante e dal fatto che la sinistra, avendo perso la sua ideologia, ha sposato la causa (ritenuta illuminata e progressista) delle porte aperte a tutti, anche le porte dei Paesi sovrappopolati e afflitti, per di più, da una altissima disoccupazione giovanile.
Per ora i nostri troppi e inutili laureati sopravvivono perché abbiamo ancora famiglie allargate (non famiglie nucleari) che riescono a mantenerli.
Ma alla fine succederà come durante la grande e lunga depressione del ’29 negli Stati Uniti: a un certo momento i disoccupati saranno costretti ad accettare qualsiasi lavoro, anche i lavori disprezzati. Ma la Ministra Kyenge spiega che il lavoro degli immigrati è «fattore di crescita», visto che quasi un imprenditore italiano su dieci è straniero. E quanti sono gli imprenditori italiani che sono contestualmente falliti? I dati dicono molti di più. Ma questi paragoni si fanno male, visto che «imprenditore» è parola elastica. Metti su un negozietto da quattro soldi e sei un imprenditore. E poi quanti sono gli immigrati che battono le strade e che le rendono pericolose?
La brava Ministra ha anche scoperto che il nostro è un Paese «meticcio». Se lo Stato italiano le dà i soldi si compri un dizionarietto, e scoprirà che meticcio significa persona nata da genitore di razze (etnie) diverse. Per esempio il Brasile è un Paese molto meticcio. Ma l’Italia proprio no. La saggezza contadina insegnava «moglie e buoi dei paesi tuoi». E oggi, da noi, i matrimoni misti sono in genere ferocemente osteggiati proprio dagli islamici. Ma la più bella di tutte è che la nostra presunta esperta di immigrazione dà per scontato che i ragazzini africani e arabi nati in Italia sono eo ipso cittadini «integrati».
Questa è da premio Nobel. Mai sentito parlare, signora Ministra, del sultanato di Delhi, che durò dal XIII al XVI secolo, e poi dell’Impero Moghul che controllò quasi tutto il continente Indiano tra il XVI secolo e l’arrivo delle Compagnie occidentali? All’ingrosso, circa un millennio di importante presenza e di dominio islamico. Eppure indù e musulmani non si sono mai integrati. Quando gli inglesi dopo la seconda guerra mondiale se ne andarono dall’India, furono costretti (controvoglia) a creare uno Stato islamico (il Pakistan) e a massicci e sanguinosi trasferimenti di popolazione. E da allora i due Stati sono sul piede di guerra l’uno contro l’altro.
Più disintegrati di così si muore.
Giovanni Sartori
17 giugno 2013
Fonte: Corriere della Sera
L’ETNIA DEL CRIMINE
Ancora un delirio della casta
La nostra ministro binational Kyenge si è esibita alla fondazione De Benedetti (e dove meglio avrebbe potuto?) ammonendoci a non fare l’equazione tra crimini ed etnie.
La logica è la stessa già adottata in Inghilterra, Francia, Belgio, Olanda, secondo la quale se ci si rende conto che esiste una sproporzione schiacciante tra i crimini dei cittadini locali e quelli degli extracomunitari, a netto “vantaggio” di questi ultimi si è prede di un pregiudizio e si è portatori sani di razzismo inconfessato e d’intolleranza.
Tutti questi geni progressisti, da quarant’anni in qua, continuano a spezzare i termometri o a chiuderli nei cassetti per nascondere la febbre.
E’ vero che non si può generalizzare troppo. Sostenendo magari che tutti gli zingari sono ladri o che tutti i romeni sono zingari (cosa, questa, che fa indignare i romeni).
Non si può ritenere che tutti i musulmani siano jiahdisti pronti a far saltare le nostre metropolitane.
Non si può sostenere che tutti i nigeriani spaccino e che le nigeriane battano tutte il marciapiede.
Né che tutti gli albanesi siano rapinatori e sequestratori feroci.
Ma per non generalizzare non si può, come pretendono i geni dell’utopia buonista globale, lavarsi il cervello e non rendersi conto che, tramite il setaccio operato a buchi larghissimi, la criminalità nigeriana e quella albanese hanno preso possesso del nostro territorio mentre le strutture terroristiche wahhabbite si costruiscono anche da noi, grazie anche al sostegno del grande capitale internazionale.
Né è lecito fingere di non rendersi conto che l’immigrazione massiccia comporta frizioni etnoculturali e soprattutto una guerra tra poveri, trascinando verso il basso e senza potere di reazione, il proletariato locale.
Basterebbe ricorrere al buon senso per non scadere in semplificazioni idiote, in qualunque direzione vengano fatte.
Sarebbe sufficiente iniziare a cooperare con i Paesi d’origine, magari selezionando già a monte, sì da tenere lontana quella feccia che più di un governante albanese, romeno, africano, continua a ripetere che si riversa tra noi.
Basterebbe cooperare tra etnie, culture, economie, per dare una risposta sensata a qualcosa che rischia di trascendere in modo irreversibile.
Invece siamo prigionieri di veri e propri professorini dementi che vogliono a tutti i costi che la loro utopia, la loro torre di babele da minorati mentali, si realizzi. Se non nei fatti, di sicuro nella propaganda e nella legge.
Perché son fatti così: danno una copertina e una norma penale così esorcizzano la realtà con il bastone e mettendosi il prosciutto (pardon, il kebab) sugli occhi.
Pur di non uscire dalla loro utopia e di mettere in discussione quel paradiso terrestre che, ovunque lo abbiano sperimentato, si è rivelato un inferno, continuano a colpevolizzarci e a fingere d’ignorare quel portato devastante che si accompagna ad una migrazione non regolamentata e mondialisticamente ottimista.
Quindi, anziché combattere la criminalità e controbattere le tendenze al conflitto, questi geni c’insultano e ci demonizzano invitandoci all’ospitalità.
L’ospitalità però si fonda sull’invito; altrimenti è il pane e vino quel che si offre al viandante.
Se qualcuno ti entra in casa senza bussare e si stende sul tuo letto la questione cambia, non è un ospite né un viandante, è un intruso.
E tutto cambia ancor di più se davanti all’intrusione le autorità preposte intervengono soltanto per sostenere che il colpevole sei tu.
Che sbagli a mangiare quello che mangi, a festeggiare quello che festeggi e a fare quello che fai perché puoi mettere in imbarazzo l’ospite autoproclamato (al quale magari non dà fastidio nulla di tutto ciò).
Così, se un italiano fa il presepe, mangia maiale in mensa o picchia un immigrato, magari perché spacciatore, è immediatamente razzista.
Se degli immigrati africani commettono omicidi seriali, come negli ultimi mesi, sono invece casi umani, dovuti ad un’accoglienza non calda e totale da parte di noi, popolaccio bue e oscurantista, benché abbiano usufruito di alloggi e sussidi che i nostri indigeni non avranno mai.
A furia di non generalizzare, i nostri genietti hanno finito col generalizzare completamente.
Gli immigrati hanno sempre ragione e chiunque non dia loro ragione ha sempre torto, anche quando viene ucciso a picconate.
E così, se non c’era un antagonismo etnico fino a ieri, ecco che i nostri apprendisti stregoni hanno finito con il confezionarlo da perfetti imbecilli.
Basterebbe un po’ di buon senso per venirne fuori.
Purtroppo chi dovrebbe governare ne è sprovvisto molto più del crimine organizzato che lascia pullulare.
Il vero problema in effetti non è l’etnia del crimine, è l’idiozia criminale della casta professorale progressista che governa l’occidente e opera come una metastasi.
Che siate maledetti! E maledette.
Gabriele Adinolfi
Martedì 25 giugno 2013
Fonte: Noreporter