Verona – 8 gennaio 2023
Dietro l’annullamento del falò della Vecia in Piazza Brà c’è una mal dissipata avversione ideologica profonda della sinistra – quella della pretesa superiorità morale e del progressismo individualista, sradicante e liberal – verso le residue forme popolari di identità, verso le espressioni del sacro e della tradizione.
Sia chiaro, nello specifico c’è comunque uno scollamento generalizzato e diffuso in tutta la società, disgraziatamente figlia dello “spirito del tempo”, di questo tempo dissennato e svuotato; non a caso il significato intimo di questo antichissimo rituale di fertilità (che assume nomi diversi a seconda di regioni, province, e talvolta paesi) legato al mondo agreste e contadino è ormai ignoto ai più.
Ma a sinistra vi è un qualcosa di ulteriormente peggiorativo, di ottuso, nella volontà di sacrificare il “Brusa la vecia” sull’altare delle Pm10, dello “smog”, della “qualità dell’aria”, tra l’altro senza alibi di assolute evidenze scientifiche o di obblighi normativi regionali come falsamente sostenuto da certuni personaggi (dato che proprio le indicazioni regionali – cui si rifanno le ordinanze dei singoli Comuni – prevedono comunque la deroga per i falò dell’Epifania, pur con determinati limiti).
Nelle affermazioni dell’attuale amministrazione sciaguratamente insediatasi a Palazzo Barbieri, «Sì a nuove formule fra luci e installazioni» (colta tra l’altro al volo dal Comune di Pastrengo) e «Nessun attacco alla tradizione, ma per il futuro servono alternative compatibili», c’è tanto dell’ambientalismo maistream ecologicamente corretto (quello della narrazione artefatta, banale e para-religiosa) quanto l’incomprensione della valenza di un rito che affonda le radici nei secoli, o meglio, nei millenni, della nostra cultura.
Mezzo anno di questa amministrazione è passato da un po’, al momento ci regala questi ambiziosi “traguardi”: qualche intervento di “decoro” con marciapiedi colorati e mega vasi di oleandri in alcuni punti dei quartieri periferici da far rimpiangere quel che (non) c’era prima, “epocali vittorie sul fronte dei diritti” («revoca delle mozioni omofobe del 1995» e l’utilizzo del “linguaggio di genere” a livello istituzionale «assessora» e «consigliera») che hanno indubbiamente portato benefici alle fasce più deboli e del lavoro e migliorato la qualità della vita del veronese medio, la cancellazione di una serie di consolidati eventi a larga partecipazione popolare, un peggioramento generale sul fronte sicurezza in centro storico, un aggravamento del già caotico quadro del traffico urbano. E son passati solo 7 mesi…
Se priorità deve esserci, per il futuro, oltre a sbarazzarsi di questa irricevibile “giunta Tommasi”, sarà quella di tornare a ridurre lo iato (che oggi tende all’abisso) tra gli uomini e le manifestazioni del sacro, della nostra cultura (nel suo senso più profondo), della nostra tradizione europea, depurandole dalle superficiali incrostazioni mercantili che ne travisano il portato immenso. E per questo servirà una “destra-centro” (tanto per rimanere nel perimetro elettorale) all’altezza, che sappia combinare necessità/capacità di governo (locale e nazionale) con una affermazione culturale (anche pratica) senza sensi di colpa, senza complessi d’inferiorità, senza sponde su soggetti che vengono da – e coltivano – visioni del mondo altre e inconciliabili.
Serve coraggio!
Progetto Nazionale – Verona