LE REGIONI? ABOLIRLE!

LETTERA APERTA

Verona, 25 Settembre 2012

Una semplice provocazione? Mica poi tanto…

Istituite nel lontano 1970, per dare pratica attuazione alla “snazionalizzazione delle masse” ed espellere il concetto di Nazione dal dato politico, le Regioni si segnalano ancor oggi più per l’impareggiabile capacità di creare disastrosi buchi di bilancio e gestioni affaristico/clientelari (al Sud, al Centro, ma anche al Nord), che per le attribuzioni specifiche. Carrozzoni spesso corrotti e corruttori. Alcune si fregiano ancora di un anacronistico “statuto speciale di autonomia” (che a questo punto sarebbe meglio estendere anche a tutte le altre) che consente loro di “competere” da pari a pari col Governo “nazionale”.

I Governi locali sono di fatto serviti a svuotare lo Stato nazionale non solo di competenze (di cui poteva anche fare a meno), ma della sua stessa autorità, venendo così ad incrinare il principio di gerarchia proprio di ogni ordine che si rispetti.

Il regionalismo è stato un colpo inferto dall’interno (dall’esterno ci pensano le varie strutture transnazionali) alla Nazione.

Qui non si vogliono negare o mettere in dubbio le autonomie locali, che non vanno certo sacrificate sull’altare del conformismo e del livellamento. L’Italia è luogo di tradizioni locali, di dialetti, di specificità territoriali. Tutti aspetti questi che potevano e possono benissimo essere garantite e difese dalle Province, senza intaccare il principio dell’Unità nazionale. La Provincia serve proprio ad affermare nelle diversità l’Unità! Certo non la Provincia intesa come ente depotenziato e dalle competenze residuali che l’hanno sempre più contraddistinto.

Le Regioni, previste dalla Carta costituzionale del ’48, furono create ben ventidue anni dopo, invenzione perfettamente in linea col compromesso costituzionale catto-comunista; con esse si crearono centinaia di “stipendi politici”, trampolini di lancio per “rampanti” della politica in odor di Parlamento, comodi e dorati parcheggi per i “decaduti”.

Dal Regionalismo al Federalismo il passo è breve, una miriade di micro o macro Stati autonomi che prefigurerebbero il ritorno al triste passato di servaggio della “stirpe italica”, non più sotto il tallone d’eserciti stranieri, ma di banche internazionali e multinazionali.

Si continua a farfugliare di fantasiose espressioni geografiche, di macro-regioni e di euro-regioni che verrebbero facilmente fagocitate da sistemi economici più forti del nostro (cosa che non potrà dispiacere a chi confonde il ben essere con il “benessere”), com’era già in passato, con la non trascurabile differenza che non v’è oggi su questi territori alcun ideale imperiale con la sua visione tradizionale, ma un esercito di grigi burocrati al servizio del capitalismo internazionale.

Tempo fa alcuni studi avevano quantificato in una decina di miliardi il risparmio garantito dalla cancellazione delle Province (tutte), in termini famigliari circa 300 euro annui, in termini di copertura finanziaria circa ¼ della manovra allora programmata da Tremonti (una eguale, se non addirittura maggiore, copertura finanziaria la garantirebbe oggi il blocco dell’immigrazione e dei finanziamenti ai professionisti dell’accoglienza catto-comunista). La solita parabola della pagliuzza e della trave, una manovra spot, per lanciare un segnale, tiepido tiepido, all’elettorato circa una presunta volontà di tagliare gli sprechi, fingendo d’ignorare l’irrilevanza di tale scelta a fronte della gravità e della portata generale del problema. I tagli vanno fatti a tutti i livelli, dove necessario e dove possibile, ma le cronache recenti ci stanno mostrando sprechi, mala gestione e corruttele di ben altro respiro che quello provinciale.

E allora, in tempo di “revisione della spesa pubblica”, di razionalizzazione dei costi e di tagli delle spese della politica, vogliamo trovare un modo efficace per fermare la deriva politico/delinquenziale delle Regioni? Aboliamole! E ri-disegnamo e ri-regolamentiamo e potenziamo le attribuzioni delle Province.

Senza però scordare l’insegnamento di Enrico Corradini (“L’unità e la potenza delle Nazioni” Vallecchi, Firenze, 1922): La decadenza della civiltà politica di ogni Nazione ha cause diverse secondo la diversità delle condizioni. Ma le cause generali, prime e profonde, sono da ricercare nella comune decadenza della civiltà morale.

 Luca Zampini

Coordinatore provinciale di Verona

Progetto Nazionale Fiamma Futura

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