AFRICANI, NON LASCIATE LE VOSTRE TERRE

Nei giorni scorsi alcune alte cariche senegalesi e nigeriane della chiesa cattolica africana (ricordiamo che Nigeria e Senegal sono tra gli Stati africani da cui partono più immigranti che raggiungono clandestinamente l’Italia) hanno risposto indignate ai servizi che mostravano le condizioni in cui si trovano gli immigrati in Libia, rilasciando, attraverso l’agenzia di stampa Catholic News Service, le seguenti dichiarazioni (riprese in Italia dal sito La Nuova Bussola Quotidiana) che invitano i loro conterranei a non emigrare:

Non abbiamo il diritto di lasciare che esistano canali di emigrazione illegale quando sappiamo benissimo come funzionano, tutto questo deve finire

“…Meglio restare poveri nel proprio Paese piuttosto che finire torturati nel tentare l’avventura dell’emigrazione

Cari ragazzi, tocca a noi costruire il nostro Paese, tocca a noi svilupparlo, nessuno lo farà al posto nostro

(Mons. Benjamin Ndiaye, Arcivescovo di Dakar, Senegal)

Il governo nigeriano dovrebbe far capire ai giovani che c’è più speranza di vita in Nigeria di quanta pensino di trovarne in Europa o altrove. Il paese ha ricchezze e risorse immense. I nigeriani non dovrebbero ridursi a mendicanti andandosene alla ricerca di una ricchezza illusoria all’estero”.

Se i nigeriani emigrati clandestinamente, invece di spendere così tanto per il viaggio, avessero investito quelle somme di denaro in maniera creativa in Nigeria, in attività economiche, adesso sarebbero degli imprenditori, dei datori di lavoro. Invece sono ridotti in schiavitù e sottoposti ad altre forme disumane di trattamento in Libia

(Mons. Joseph Bagobiri, Vescovo di Kafachan, Nigeria)

Spetta ai nigeriani sviluppare il loro paese (…) in modo da renderlo un luogo in cui è desiderabile e piacevole vivere, facciamo in modo che siano gli stranieri a voler venire da noi”.

(Mons. Jilius Adelakan, Vescovo di Oyo, Nigeria)

Queste condivisibilissime parole dettate dal buon senso, e spesso pronunciate anche da chi, in Italia e in Europa, denuncia la piaga dell’immigrazione (e chi ci lucra all’ombra delle “buone intenzioni”…) finendo però puntualmente per essere etichettato dagli immigrazionisti con immancabili epiteti squalificanti, stridono con dichiarazioni di ben altro indirizzo del Papa Bergoglio, rilasciate qualche mese fa (settembre) e riportate così dall’Ansa:

«”Migranti, richiedenti asilo e rifugiati” e gli “operatori della Caritas” che li aiutano, ci ricordano quotidianamente “che Cristo stesso ci chiede di accogliere i nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati con le braccia ben aperte. Proprio così, con le braccia ben aperte, pronte a un abbraccio sincero, affettuoso e avvolgente, un po’ come questo colonnato di Piazza San Pietro, che rappresenta la Chiesa madre che abbraccia tutti nella condivisione del viaggio comune”. Così l’appello del Papa, in occasione del lancio, nell’udienza generale di oggi in Piazza San Pietro, della campagna di Caritas Internationalis “Share the journey – Condividiamo il viaggio”.»

Saranno bollati anche i sunnominati alti ecclesiasti africani – che sembrano non ignorare tanto il legame anche di doveri e responsabilità che hanno gli uomini verso le loro patrie, quanto l’illusorietà e la tragicità dei richiami di Eldorado virtuali – come “populisti”, “intolleranti”, “razzisti” e via screditando?

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