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FEMMINICIDIO ED OMOFOBIA NON SONO TEMI ETICI

Non ce ne voglia il Senatore Marcello De Angelis se ci “appropriamo” di un suo recente scritto, nel quale, col consueto suo buonsenso e la sua lucidità, mette a nudo la finta polemica intorno a quelli che sono erroneamente considerati “temi etici”, omofobia e femminicidio, e il loro rapporto rispetto al nostro codice penale.

In una società che ha perso il senso delle cose e il senso della misura, tutto è strumentalizzato, distorto, travisato.

Il nuovo catechismo laico (come lo ha recentemente definito Marcello Veneziani) si configura come una autentica dittatura dei “diritti civili”.

Sempre lo scrittore Veneziani acutamente sottolinea come la sconfitta delle culture socialiste rispetto al capitalismo e al mercato le ha portate a ripiegare sui diritti civili e sulla religione bioetica, come alibi consolatorio del fallimento sul piano della giustizia sociale. E c’è del vero in questa osservazione.

Buona lettura.

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TEMI ETICI? NO “FEMMINICIDIO” E AGGRAVANTE OMOFOBIA SONO UN’ALTRA COSA

Di Marcello de Angelis / lunedì  22 luglio 2013

In Italia è invalso un concetto assolutamente distorto dell’attività legislativa. Siccome era – fino all’esondazione delle funzioni regionali – l’unica attività per cui esisteva il Parlamento, i suoi membri sono finiti per credere che il loro lavoro sia quello di inventare continuamente leggi nuove o cambiare quelle esistenti. Così non avviene nelle altre democrazie, più efficienti e più serie. Va anche detto che ovunque nel mondo il nostro codice penale è considerato il più “ricco” di fattispecie e il più puntuale, tanto che alcuni ritengono che lo sia anche troppo. E mia assoluta convinzione che il lavoro del legislatore – perché abbia una valenza anche etica – deve tendere alla “semplificazione” in modo che la legge sia chiara e comprensibile e non soggetta a diverse interpretazioni, nonché alla “omogeneità nella sua applicazione”, perché la legge sia il più possibile “uguale per tutti”. Siccome è ovvio nella realtà che lo stesso reato – ad esempio un omicidio – può non essere sempre “uguale”, nel nostro codice sono già previste attenuanti e aggravanti (come quella per “motivi futili e abietti”) che variano notevolmente l’entità della pena e sono applicate abbastanza liberamente. Introdurne di nuove è quindi totalmente inutile e confusionario. Quando questo avviene le motivazioni sono eminentemente politiche, in senso strumentale. La legge Mancino che ipotizza reati di odio razziale è servita a rendere “esistente” il razzismo come categoria giuridica. La proposta aggravante per omofobia serve a “far esistere” l’omosessuale come categoria riconosciuta (e da proteggere) ai sensi di legge. E questo serve per avere una realtà legale a cui agganciare ulteriori proposte riguardanti la categoria “omosessuali”, ad esempio in materia di matrimoni e adozioni. La categoria “omosessuale” non ha caratteristiche oggettive, assolute e permanenti. Si tratta di un comportamento, molto più che di un orientamento e come tale veniva – o addirittura in alcuni Paesi ancora viene – sanzionato dalla legge. Uno può insomma dire di essere omosessuale e nessuno può dimostrare che non lo sia, questa è la ragione per la quale non si può oggettivizzare legalmente. Nei Paesi in cui gli omosessuali godono dei benefici accordati alle minoranze razziali, abbondano i film umoristici in cui uomini etero si fingono gay per ottenere il posto di lavoro o altri benefici. Anche l’idea di codificare l’omicidio di una donna come reato diverso e più grave rispetto all’omicidio di un uomo è un’aberrazione giuridica, poiché implica che la vita di un cittadino di sesso femminile sia più “preziosa” di quella di un cittadino maschio, facendo così venir meno il principio di uguaglianza. A mio avviso, senza dei paraocchi ideologici che alterino la visione della realtà, è impossibile non giudicare contrari al sacro principio dell’uguaglianza dinanzi alla legge qualunque norma improntata alla “discriminazione positiva”, la discriminazione essendo – riguardo alla legge – solo e assolutamente negativa. Il Parlamento dovrebbe abbandonare una volta per tutte la “bulimia legiferandi” e impegnarsi seriamente per una maggiore e irreversibile semplificazione. Impegnarsi cioè perché la legge sia sempre più uguale per tutti e sempre meno soggetta a arbitri interpretativi, altro osceno problema della giustizia italiana, dove il “trattamento” dipende in modo veramente eccessivo dall’interpretazione individuale che diversi giudici danno delle norme e del proprio ruolo.

Fonte: http://www.secoloditalia.it/2013/07/temi-etici-no-femminicidio-e-aggravante-omofobia-sono-unaltra-cosa/

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